‘Gli eredi della terra’, di Ildefonso Falcones. Merita attenzione e considerazione, da leggere

di Rita Cutugno

Autore: Ildefonso Falcones
Titolo: “Gli eredi della terra”
Editore: TEA
Questo è il seguito del primo romanzo di Falcones “La cattedrale del mare”.
1397. Siamo di nuovo a Barcellona, una città dove regna una nobiltà arrogante e crudele, una città che pullula di poveri che vivono di elemosina e subiscono ogni forma di ingiustizia. Continuano le vicende di Arnau, che è diventato uno stimato notabile e vive sereno con la moglie e il figlio Bernat. Arnau conosce bene le difficoltà delle persone umili e, per questo, gestisce il “Piatto dei poveri”, un’istituzione di beneficenza della Cattedrale del Mare.

Hugo è un ragazzo povero, figlio di un uomo morto in mare e lavora nei cantieri navali grazie al sostegno di Arnau. La sorella di Hugo, Arsenda, è in un convento e cresce con le suore che le instillano superstizioni e false credenze. La madre, vedova, sposa un uomo crudele e violento che la allontana dal figlio.
La morte di re Pietro scatenerà una serie di eventi tragici. Assieme al successore del re, il principe Giovanni, tornano in città i Puig, acerrimi nemici di Arnau, che trovano l’occasione per mettere in atto la vendetta che covavano da anni e lo fanno giustiziare senza alcun processo. Hugo reagisce e cerca di difenderlo, ma nulla può fare contro la forza e la crudeltà dei nemici di Arnau.
Il ragazzo troverà aiuto e conforto nel quartiere ebraico, dove imparerà a coltivare la vigna e diventerà un sensale di vini conosciuto e apprezzato, ma sempre discriminato e maltrattato. In città, però, l’odio immotivato nei confronti degli ebrei provocherà rivolte, morti e distruzione. La nobiltà continuerà ad essere arrogante e crudele e la vita di Hugo sarà segnata da molte difficoltà e dolori.
Il figlio di Arnau, Bernat, parte per terre lontane e ritorna molto cambiato, ma non in meglio.
Hugo tiene sempre in mente le parole di Arnau: “Non devi inchinarti davanti a nessuno”, ma questo gli costerà molte sofferenze. Perderà il suo primo amore, Dolca, e dovrà subire molte ingiustizie.
Falcones ci porta, ancora una volta, in una Spagna violenta, segnata dalle lotte di potere, dall’Inquisizione e dalle ingiustizie nei confronti di ebrei e povera gente.
Secondo me è un libro troppo lungo e, a volte, ripetitivo. La storia narrata resta una bella storia e Falcones ha il merito di caratterizzare alla perfezione i personaggi, li descrive mirabilmente e ci appassiona alle vicissitudini di un plebeo che cerca una vita migliore e per questo lotta. Ogni dettaglio è minuziosamente descritto secondo lo stile dell’Autore e ci rende partecipi e attenti alle vicende narrate. Il linguaggio è quello di Falcones, pulito, essenziale, preciso, scorrevole.
Mi è piaciuto? Sì, molto. Ammetto, però, di aver saltato alcune pagine quando mi è risultato troppo impegnativo seguire i continui riferimenti storici e i repentini cambiamenti di personaggi al potere, perché dopo poche pagine tutto cambia e sembra più un trattato minuzioso di storia che un romanzo.
Se ne consiglio la lettura? Oh sì, certo. Falcones è un grande scrittore e questo resta comunque un bellissimo libro.
Non è all’altezza de “La cattedrale del Mare” ma merita sicuramente attenzione e considerazione.
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