Gli inverni di una volta

DI FRANCO FRONZOLI

Appena giungeva novembre, il sole si ritraeva quel poco per lasciare spazio al freddo, la neve si faceva largo sempre con la dovuta calma, le temperature si misuravano a spanne.

Se la temperatura si adagiava sul 5 sotto zero, per noi ragazzi di allora, era come vivere a Rapallo a metà settembre, come i suoi 18 e forse più.

I guanti ? Erano praticamente riposti in un cassettone e si tiravano fuori quando il respiro esplodeva in una nuvola grigia ed il naso diventava un tutt’uno con i blocchi di ghiaccio.

Era freddo dicevano, ma non lo sentivamo anche perché sempre in un movimento perpetuo, tanto che dopo una mezz’ora di corse, chi aveva i guanti se li toglieva.

Noi eravamo la stufa di noi stessi e la stufa a legna nella cucina era più che sufficiente per dare tepore.

Al bar si giocava a carte, da rubamazzo al pokerino e la sera quando eravamo in tanti, al mercante in fiera.

Il riscaldamento autonomo consisteva in un bicchierino di grappa, preferibilmente la Julia, tutto di nascosto dai genitori.

La neve era attesa e sempre la benvenuta anche se, appena si faceva notare, si mettevano in fila le pale quelle di legno.

Ricordo che buttavamo delle briciole di pane per rifornire di cibo i passerotti ed ai cani e gatti , non si mettevano i “ cappottini “ .

Era quello un vero inverno, di quelli di origine controllata che sapeva camminare nel tempo, sino a passare il testimone alla primavera.

Immagine tratta dal web

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