Appena giungeva novembre, il sole si ritraeva quel poco per lasciare spazio al freddo, la neve si faceva largo sempre con la dovuta calma, le temperature si misuravano a spanne.
Se la temperatura si adagiava sul 5 sotto zero, per noi ragazzi di allora, era come vivere a Rapallo a metà settembre, come i suoi 18 e forse più.
I guanti ? Erano praticamente riposti in un cassettone e si tiravano fuori quando il respiro esplodeva in una nuvola grigia ed il naso diventava un tutt’uno con i blocchi di ghiaccio.
Era freddo dicevano, ma non lo sentivamo anche perché sempre in un movimento perpetuo, tanto che dopo una mezz’ora di corse, chi aveva i guanti se li toglieva.
Noi eravamo la stufa di noi stessi e la stufa a legna nella cucina era più che sufficiente per dare tepore.
Al bar si giocava a carte, da rubamazzo al pokerino e la sera quando eravamo in tanti, al mercante in fiera.
Il riscaldamento autonomo consisteva in un bicchierino di grappa, preferibilmente la Julia, tutto di nascosto dai genitori.
La neve era attesa e sempre la benvenuta anche se, appena si faceva notare, si mettevano in fila le pale quelle di legno.
Ricordo che buttavamo delle briciole di pane per rifornire di cibo i passerotti ed ai cani e gatti , non si mettevano i “ cappottini “ .
Era quello un vero inverno, di quelli di origine controllata che sapeva camminare nel tempo, sino a passare il testimone alla primavera.
Immagine tratta dal web
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