Graffi sotto la pelle

DI PAOLA DI GREGORIO

Non badare a me se a volte mi isolo
e non ci sono per nessuno.
La solitudine mi è spesso indispensabile,
è come un’urgenza inspiegabile.

Ho scoperto dei graffi antichi
sotto la mia pelle
come una ferita a cui gratti via la crosta,
che ritorna a bruciare
se non te ne prendi cura.
È molto importante farlo adesso,
prima che diventino roccia o mura.

Perché “Fai la brava”, “non parlare troppo”,
“non fare domande stupide” e “non urlare”. Perché “non piangere”, “cosa c’è da ridere”
e “mi raccomando, non disturbare”.
Perché “sei la solita ingenua, non ti fidare”
e “non esagerare”, “se te la prendi sei permalosa, sei tu che hai capito male”.

Un po’ come si fa con una malattia.
Lei ci chiede di essere ascoltata,
per guarire vuole essere guardata.
Posso continuare a raccontarmi
che sono solo stupidaggini,
posso continuare ad auto ingannarmi
e vedere il problema solo negli altri.
Ma negare un dolore significa tradirsi
e non è la soluzione.

A chi non ce la fa e mi giudica per questo, chiedo lo sforzo, se può,
di provare a guardarmi meglio,
un po’ più dentro, un po’ più a fondo
o di non guardarmi affatto.

Da tempo, mi sono data il permesso
di esistere anche senza quello sguardo.
Non dipendo dall’approvazione di qualcuno.
Ora so che solo io posso portarmi in salvo.

Non badare a me se a volte mi isolo,
non mi interessa avere ragione
o sentirmi migliore.
Ho un grande bisogno di me per focalizzare
su quei graffi tutta la mia compassione.

Immagine tratta dal web

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