Graffio, storia di un amore che si sgretola

DI ELISABETTA DE MICHELE

Anche oggi niente.
Il loro nascondiglio era vuoto.
Le lenzuola stese al vento e al sole emanavano il loro invitante effluvio; profumo di pulito, di carezze, di focolare, di una vita assieme. Maria ci sperava in questo richiamo, sperava con tutte le sue forze che lui potesse sentire quell’odore; sperava, se non di sentire i suoi passi varcare la soglia di casa e correre verso di lei, almeno di veder sbucare nuovamente una sua lettera; ma niente. Anche quel giorno niente.
Il loro nascondiglio era vuoto.

Lo chiamavano “il graffio”, ed era lì che, prima di partire, Sergio le recapitava le sue lettere l’amore; e sempre da lì lei gli faceva avere la sua risposta. Chi l’avrebbe detto che un muro così vecchio, così decadente, potesse ospitare parole così dolci, sublimi, elevate? Chi l’avrebbe detto che nonostante i suoi genitori non fossero d’accordo, il loro amore sarebbe sbocciato e cresciuto così a dismisura? Nessun muro a separarli, anzi.
Poi all’improvviso un muro invalicabile si fece strada, e ci sbatterono la faccia entrambi, con una violenza tale da togliere il fiato e non solo quello: il futuro sgretolato in un solo colpo.

La guerra; il grande muro che divide gli uomini; il grande muro che li separa dalla felicità della vera esistenza: l’amore. Un muro eretto dall”egoismo dell’ego, di enorme spessore.
Un muro dalla costruzione indistruttibile, che semplicemente non andrebbe costruito.
Una macchina che viaggia senza freni e che tutto travolge.
“Al graffio alle 14.20”: la sua voce le sussurrava questo alle orecchie quando si incrociavano al mattino al vecchio forno, e ora quelle parole le riecheggiavano giorno e notte nella testa e le facevano sobbalzare il cuore. Maria stava lì adesso alle 14.20 di ogni nuova data di calendario. Ma nulla.

Un graffio sul muro che Sergio un giorno cercò di riparare, da buon muratore qual era, ma che nel farlo gli si rivelò essere un piccolissimo passaggio segreto, il canale del loro amore segreto. L’amore dopotutto non ha bisogno di tanto spazio, data la sua infinitezza.
Anche la cassetta della posta era vuota, mai un lettera era giunta dal fronte.
Forse l’amore di Sergio per lei era stato vinto dall’odio da cui era circondato in trincea; forse si era scordato delle loro promesse; questo era quello che Maria più temeva ma in cuor suo inconsciamente più sperava.
Anche oggi niente.

Maria sorrideva sempre accanto al graffio, prima. Ora Maria piange, e anche i suoi genitori piangono, senza farsi vedere; attendono anche loro, in un silenzio omertoso, il ritorno di Sergio, per rivedere lo sguardo vivo nei begli occhi della figlia, resi ora vitrei dalla disperazione. Lo avrebbero perfino accolto nella famiglia, adesso.
Ad accogliere Sergio erano stati invece gli spari, il sangue, la paura.
L’odore della morte contro quello delle lenzuola stese al vento da Maria.
L’inizio della guerra e tante fini.
Sergio amava Maria. Pensava sempre a lei, anche mentre premeva il grilletto.
Pensò a lei anche quando la pallottola arrivò.

Maria non poteva saperlo. L’avesse saputo quelle lenzuola le avrebbe strappate, lacerate, così come era lacero il suo cuore, così come erano lacere le amate e irriconoscibili spoglie del suo futuro, distrutto da una macchina di ferro e di morte.
L’avesse saputo avrebbe murato quel graffio, con la foga di chi ha il cuore graffiato dalla rabbia.
Oppure Maria lo sapeva, e stendeva lenzuola profumate a rimembrare la fragranza dell’amore, di cui ci si deve prendere cura; le lenzuola vanno tenute candide, non vanno mai imbrattate di sangue sporco.

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