Greta, una bambina sospesa tra sogni e realtà

DI ROSI PENNELLI

Viviamo la nostra vita convivendo giorno e notte con il nostro umore, i nostri sentimenti, il nostro io.

Quanto a fondo ci toccano i sogni? Nei sogni trascorriamo buona parte del nostro tempo, vediamo cose… sentiamo odori e sapori, ci ritroviamo in posti ignoti, oppure, come molte credenze ci spiegano, nei sogni rivediamo momenti delle nostre vite passate.

Qualcosa che ci è già appartenuto ed è rimasto nascosto nell’anima, cosi’, il subconscio lo manifesta quando non abbiamo potere né consapevolezza.

Nei sogni si possono vivere angosce tali da farci sentire esausti al risveglio e con il pensiero fisso di quale fosse il messaggio che quel sogno, voleva comunicarci.
Greta era una piccola bambina, davvero molto piccola quando iniziò a ricordare i suoi sogni.

Un sogno che la fece destare piangendo per la prima volta fu quello di essere su una grande spiaggia, immensa.

Si guardava attorno ed era circondata da altissime scogliere, rocce imponenti e forti che guardando, temeva da un momento all’altro, avrebbero potuto urlarle contro per incuterle ancor più paura.

Passeggiava singhiozzando, sola sulla riva della spiaggia e il mare le bagnava i piccoli piedi scalzi portandole tra le dita frammenti di conchiglie e sassolini.

Ad un tratto una gigantesca orca arenata sulla spiaggia si era materializzata dinnanzi a lei, ma Greta non avvertì alcun timore o paura, tutt’altro, quell’orca stava piangendo…sapeva che stava morendo.

La piccola Greta iniziò a sentire dentro di sé che quel grande pesce fosse la sua mamma ed iniziò a urlare .. “ Mamma, mamma sono sola non morire! Mamma non mi lasciare …non morire ti prego” .

Ad un tratto era come se si fosse distaccata da se stessa, vedeva quell’immagine di bambina che disperata piangeva battendo le mani sul volto esanime e in lacrime della sua mamma Orca dall’alto.

Piano si sentiva salire sempre più, come fosse su una nuvoletta e poi si svegliò. La piccola Greta, nel buio della notte, tirò su con il naso e si stropicciò gli occhietti bagnati … aveva i capelli lunghissimi e una frangia che le cadeva sugli occhi umidi.

Era magrissima, tanto da essere oggetto di sfottò della sorella maggiore e del fratellino. Guardò la sua mamma che dormiva senza nessun movimento, dormiva senza sapere che Greta le stesse chiedendo di non morire mentre nel suo sogno era diventata una gigantesca orca.

Ormai calma si distese e crollò in un altro sogno che al mattino non ricordo’ , non sapeva che avrebbe ricordato quell’ orca per sempre.

Cresciuta un po’ Greta aveva un sogno ricorrente, che amava fare.
La sera ci pensava sempre e sperava tutte le notti di poterci ricadere dentro e che potesse durare fino al mattino.

Altre volte, addirittura, pensava che forse non era un sogno e che quello che succedeva lo viveva davvero, come una sonnambula, ma purtroppo non era così e si sentiva triste.

Si trovava davanti ad un alto cancello di ferro tutto nero, era bellissimo a Greta piaceva tanto restare a guardarlo, afferrava le sbarre tonde e sentiva quanto il sole lo avesse riscaldato, alzava lo sguardo e ammirava gli intagli superiori e i decori, anche se era così semplice ed a lei pareva fosse uscito da una fiaba.

Spingeva il cancello con non molta difficoltà e finalmente era nel giardino più bello che avrebbe mai visto, sarebbe poi cresciuta ma mai incontrò un giardino simile a quello.

Gli alberi, i fiori sull’erba appena bagnata, l’aria intorno sembrava ovattata, era tutto puro e candido, era l’ambiente in cui avrebbe voluto vivere per tutta la vita.

Piccoli e stretti percorsi erano tracciati qui e là nel giardino. La piccola Greta li percorreva con serenità, non badava a dove portassero né sceglieva un percorso in particolare, sapeva che qualsiasi percorso scegliesse l’avrebbe condotta lì, da lei …in quella piccola e minuscola casetta di legno, dove per entrare doveva chinare il capo e stare attenta a non urtare la testa al soffitto.

La casetta era tutta in legno, il soffitto, le pareti, ogni mobile, tavolo e sedie erano in legno, le poltrone rosse e verdi a grandi quadri erano così perfette che la comodità la si avvertiva anche solo nel guardarle.

Uno sgabello tondo, era libero accanto ad un tavolino apparecchiato con un centrotavola bianco, una teiera, due tazzine e pochi biscotti .
Greta si sedeva sempre lì.

Chi l’aspettava era una grande gatta. Stupenda, elegante.
I suoi occhi erano azzurri come il cielo sul mare, le sue orecchie internamente erano di un candido rosa e il suo pelo morbido e folto, bianco come le margherite… profumava di legno e fiori.

In quella casetta Greta non parlava mai, si guardava attorno con ammirazione, ogni volta come se fosse sempre la prima.

Lei e la gatta, proprietaria di quel luogo magico, si guardavano negli occhi e ognuna di loro trasmetteva all’altra un affetto grande.

Un bene madre e figlia forse, non sapeva definirlo ma sapeva che quando era con la sua gatta era libera e in pace. Una piccola bambina timida e chiusa in un mondo magico in cui sentiva di essere a suo agio.

Così piccola riconosceva la consapevolezza di trovarsi in un sogno, di non essere nella realtà, di ricercare un mondo pulito e diverso dalla sua  realtà quotidiana.

Una notte si era addormentata in un istante e nell’ istante dopo era dinnanzi al suo amato cancello, nulla era come doveva essere.

Il cancello era stato bruciato, si presentava sciolto e coperto di cenere, gli alberi erano spogli e ogni fiore era ormai secco, i passaggi intralciati da grossi rovi spinosi, persino il cielo era grigio e nessun sole scaldava l’aria. Vide gatti grandi come iene passarle accanto e drizzare il pelo mostrando gli artigli in segno di ostilità.

Corse per quella che sembrava essere l’unica stradina percorribile. La vide, era lei sempre bellissima ed elegante ma i suoi occhi erano spenti, portarono al cuore di Greta un dolore immenso.

Era bloccata tra una parete e una rete di ferro arrugginito che la stava letteralmente schiacciando nel mezzo. Greta corse per poterla liberare ma sembrava non raggiungerla mai.

Sentì le sue gambe pesare di colpo, una gamba era più corta dell’altra d’improvviso… d’improvviso era diventata zoppa e priva di forze. Crollò sul pavimento e la parete con la sua gatta rinchiusa si allontanò fino a scomparire lontano.

Mentre Greta a carponi piangeva guardando l’asfalto, caddero dal cielo gocce di pioggia ardenti,  che le scottarono le braccia, la schiena e quando alzò il viso, vide il cielo nero e una forte angoscia la colpì.

Sveglia!
Ancora una volta non sapeva che quell’incubo era l’inizio di un legame inconscio, ancora non sapeva cosa l’aspettava.

“Io non faccio uso di droghe i miei sogni sono già abbastanza terrificanti!”
Maurits Cornelis Escher.

Immagine tratta dal web

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