DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN
Pur di estrazione popolare – il padre è un bottaio – Henri Lebasque riesce ad iscriversi all’accademia ed a conoscere diversi artisti dell’epoca, con i quali instaura proficui rapporti collaborativi, spesso sfocianti in durature amicizie.
In particolare conosce Camille Pissarro, il quale non manca di esercitare una notevole influenza sulla sua arte, modulandone la maniera di rapportarsi alle varie concezioni pittoriche, e resta favorevolmente impressionato da William Turner, la cui produzione apprende in quel di Londra ed assimila con pregevole maestria.
Caratterizzato da una singolare poliedricità, nel corso degli anni si avvicina prima al Puntinismo, sulla scia del geniale Paul Signac, per poi strizzare l’occhio al Fauvimo, assimilando quell’originale mix di semplicità selvaggia, sospeso tra purezza e libertà.
La sua attività non si limita, tuttavia, alla pittura, egli cimentandosi anche in decorazioni su ceramica , e collaborando ad arredi e decorazioni specie in ambito parigino.
Al termine dell’esperienza bellica, in cui guadagna una promozione ad ufficiale presso la Legion d’Onore, rivede profondamente le proprie convinzioni: rifiuta di sottostare ad ulteriori contratti con i mercanti d’arte, e si ritira a vita, se non privata quanto meno riservata, nel sud della Francia, in Costa Azzurra.
Un trasferimento che si rivelerà fondamentale dal punto di vista pittorico. I colori utilizzati virano in modo deciso verso una dimensione peculiarmente nitida e luminosa, la cui allegria contagiosa conquista anche la critica d’arte, che lo ribattezza, a ragion veduta, il pittore della gioia e della luce.
Luci, ombre e colore dominano le sue opere – elementi peraltro comuni a molti autori del periodo considerato – rivelandosi strettamente connessi ai fondamentali aspetti di vitalità atmosferica e preponderante sentimento di bellezza.
Oltre alla propria famiglia, spesso ritratta sia in interno che in esterno, egli preferisce indugiare riguardo contesti incentrati su luoghi personalmente frequentati, come spiagge e greti di fiume.
La sua straordinaria, serena visione della vita, sublima l’amore che è disposto a comunicare.
Nel periodo successivo al 1914, l’artista, con la famiglia, si stabilisce a Sainte-Maxime, tra Cannes e St. Tropez, ed approfitta del magnifico terrazzo di casa, affacciato sul lungomare, per realizzare una serie di ritratti, in seguito definiti idilliaci: pur non contestandone l’importanza formativa, rimane doveroso rilevare la ripetitività dei soggetti, riprodotti in una serie di scorci pressoché identici, di quella Sainte-Maxime che, a tutt’oggi, rimane la rinomata località balneare che vanta trecento giorni di sole all’anno.
E comunque Lebasque, anche in opere apparentemente semplici e didascaliche, riesce a raggiungere quell’ulteriore livello di latente elevazione che permette al contesto di mostrare spunti ai limiti dell’epoca, con le protagoniste, pur fotografate in pose ordinarie, che fissano l’eterna resa di una pittura senza tempo: dall’ambiziosa rimembranza di alcuni dettagli in stile rinascimentale, per arrivare al dominio di un impressionismo ormai evoluto e modificato.
Tipico della Francia, e delle personalità che vi hanno soggiornato o vi si sono stabilite, quasi soggiogate da bellezza e atmosfere fascinose e suggestive, ricordando la Deauville di Coco Chanel, il cui tessuto rigatino è assurto ad icona di stile ed eleganza, e la rinomata Trouville, celebrata da innumerevoli artisti, da Flaubert a Boudin, e presente anche nel dipinto The Ferry, di Emanuel Philips Fox, in un’atmosfera marinara sospesa tra eleganza e semplicità, per un gusto da allora perpetuato nel tempo, senza mai passare di moda…
Henri Lebasque (1865-1937), Afternoon tea on the terrace in Sainte-Maxime, 1914, olio su tela, 105.4×183.5 cm., Collezione privata
Immagine: web
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