I paesaggi sonori di Nicola Alesini (prima parte)

DI OSCAR PIAGGERELLA

 

Nell’ambito dell’evoluzione musicale degli ultimi decenni, i paesaggi sonori del nostro tempo si sono sviluppati ed hanno progredito verso la ricerca della fusione dei linguaggi. Una felice e fruttuosa combinazione logica e quasi naturale delle sonorità jazz, pop, melodico, armonie etniche e classica contemporanea, crea le nuove prospettive nella sfera della creazione musicale.

Ciò ha determinato un attuale ed interessante aspetto nelle possibilità di espressione, intrapreso da molti artisti “colti” sia in Europa, che in Italia, che oltre oceano.
Questo accadde, dando uno sguardo fugace alla storia, già nel jazz con i grandi capolavori di Don Cherry come Brown Rice, Relativity Suite, Here And Now, senza dimenticare il colossale Codona con Collin Walcott degli Oregon e Nana Vasconcelso (ECM 1979), e in Italia nel progressive “mediterraneo” con gli Aktuala di Walter Maioli, e con gli Area. Tanto per citarne qualcuno.

Dalla Germania partono con un pulmino gli Embryo e i Dissidenten, i quali, con le loro scorribanda dall’Africa del Nord, Paesi Arabi fino all’India, incidono dischi meravigliosi con i musicisti locali che incontrano sul loro tragitto.

Ma, avvicinandosi ai giorni nostri con l’inizio della globalizzazione data da Internet, sin dagli anni ’80, il concetto di contaminazione si espande a macchia d’olio. Ecco allora che ritroviamo tra le mani grandi capolavori come Ragas And Sagas (ECM,1992) di Jan Garbarek, Sol Do Meio Dia e Dancas Das Cabeza, sempre ECM, del brasiliano Egberto Gismonti, la colonna sonora del film di Martin Scorsese “L’Ultima Tentazione di Cristo”: Passion, realizzata da Peter Gabriel con la collaborazione di grandissimi musicisti islamici, senza dimenticare le contaminazioni dei Fouth World di Jon Hassell. Meravigliosi lavori tra sonorità etniche e suoni elettronici.

Agli inizi del nuovo millennio ecco che spunta la voce strabiliante del tunisino Dhafer Youssef accompagnato dai migliori musicisti di nujazz scandinavi.
Nord africano, in età infantile, il nonno gli insegna il canto muezzin e a suonare l’oud. Notato dal trombettista Nils Petter Molvaer, dall’eclettico chitarrista Eivind Aarset, il pianista Bugge Wesselstoft, Youssef realizza musiche di alta suggestività emotiva soprattutto con Digital Prophecy del 2003 e Birds Requiem del 2013.

Anche il panorama musicale italiano, in questi ultimi anni, non resta refrattario a questo tipo di “sperimentazione”. Saranno tante le collaborazioni con artisti stranieri e non, provenienti da varie correnti: uno di questi è Nicola Alesini.

Nato a Sanremo nel 1947, nell’infanzia la sua famiglia si trasferisce a Roma dove si laurea in Fisica e dove tutt’oggi risiede. Ancora adolescente, prende corpo l’amore verso la Musica e a soli tredici anni acquista un Melodica Honer e inizia a studiare pianoforte. Sempre in età adolescenziale comincia ad ascoltare dischi dei Soft Machine, Ornette Coleman, Gunter Shuller, Modern Jazz Quarter, i Nucleus di Ian Carr, Traffic e Weather Report. Ma è proprio in quest’ultimi che scopre l’amore verso il sassofono attraverso il sax di Wayne Shorter.

Le sue prime apparizioni pubbliche del 1979 sono con il contrabbassista jazz Gianluca Taddei. Parte così una lunghissima discografia dove ogni contaminazione globale si fonde al jazz e alla musica elettronica la quale conia nuovi concetti del fare musica.
Da subito traspare un personaggio dedito alla ricerca di nuove sonorità e nuove cifre stilistiche per l’improvvisazione con riferimenti sia alla musica del Mediterraneo che alle atmosfere della scuola jazzistica nord europea ed esordisce nel 1988 con Mediterranea (1988) insieme al pianista Andrea Alberti e al già citato Taddei. Suggestioni oniriche, introspezione, recupero delle linee melodiche della tradizione, sono gli ingredienti fondamentali delle sue composizioni e di tutta la sua discografia.

A cura di Feellin’Blue

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