I tanti dubbi della transizione #ecologica

DI FABIO BORLENGHI

 

Qualche settimana fa, in un incontro promosso da Italia Viva a Ponte di Legno, il Ministro per la cosiddetta Transizione ecologica, Roberto Cingolani, se n’è uscito con delle dichiarazioni che hanno causato un piccolo terremoto nel mondo dei salotti green e non solo. Ecco le parole del ministro riportate sul numero di Libero del 2 settembre scorso:
“Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici: loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato.

Sono parte del problema, spero che rimaniate aperti a un confronto non ideologico, che guardiate i numeri. Se non guardate i numeri rischiate di farvi male come mai successo in precedenza”.
Come esempio di ciò Cingolani ha fatto cenno al nucleare di quarta generazione, snobbato a priori dai fanatici delle energie rinnovabili (eolico e fotovoltaico in testa), che a detta degli esperti sembrerebbe un nucleare a basso rischio e con pochissime scorie finali; ecco cosa ha detto a riguardo il ministro:
“Mai come in questo momento bisogna essere laici. A me della parola nucleare non interessa nulla. Io voglio energia sicura, a basso costo e senza scorie radioattive. Se è nucleare di quarta generazione diventa semantica. E’ vietato nell’interesse futuro dei nostri figli ideologizzare qualsiasi tipo di tecnologia. Quando avremo i numeri decideremo”.

Beh se non è stata questa un’apertura al nuovo nucleare…poco ci manca.
Proprio in questi giorni sul piano legislativo l’argomento transizione ecologica si sta avvicinando al punto critico in quanto le scelte del governo dovranno definire i programmi energetici dei prossimi anni, conformemente agli obiettivi europei del 2030 prima e del 2050 poi in tema di decarbonizzazione, che significa addio alle fonti energetiche fossili.
Di conseguenza una montagna di torri eoliche e di pannelli fotovoltaici incombono sul nostro paese conosciuto e amato in tutto il mondo come “il bel paese”.

La normativa europea al seguito del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) imporrebbe all’Italia tutta una serie di vincoli e passaggi legislativi per evitare che questa montagna arrechi danni irreversibili e soprattutto venga a toccare aree non idonee alle energie rinnovabili. Purtroppo la definizione delle aree idonee, che specularmente definiscono quelle non idonee, è ancora in alto mare e piena d’insidie. Alto è il rischio di riproporre il solito guazzabuglio normativo italiano fatto di linee guida non cogenti e comunque quasi sempre disattese dalle regioni, decreti attuativi che mai arrivano e mancanza cronica di una pianificazione di medio e lungo periodo che ponga fine al regime di deregulation di fatto.

Cingolani avrà un bel da fare a districarsi in questa materia e soprattutto dovrà cercare un complicato punto di caduta fra obiettivi green e salvaguardia del paesaggio storico italiano e l’ambiente naturale tutto. L’uscita sul nucleare dimostra che il ministro, da tecnico qual è, ha capito che puntare tutto su una montagna di rinnovabili, oltre a rischiare di distruggere il nostro paese, probabilmente non risolve il problema climatico. Si rifletta sul fatto che una torre eolica produce energia elettrica al massimo per 2500 ore annue, cioè il 30% delle ore disponibili annuali, mentre un pannello fotovoltaico lavora mediamente per 1100 ore annue (dati GSE) che rappresenta il 13% delle totali ore annue.

A questo punto anche un non esperto intuisce che c’è qualcosa che non quadra…
Quadra però se si tiene conto dell’appetito mai sazio della speculazione delle lobby pronte a cavalcare il business verde del momento sfruttando sapientemente quegli ambientalisti radical chic che tanto tornano utili in questo contesto.
Se Cingolani è coerente con la sua formazione tecnico scientifica e soprattutto con l’onestà intellettuale che gli ha consentito di esternare quanto sopra riportato allora dovrà far saltare il tavolo delle scelte già “scelte” perché politicamente corrette al momento (la montagna di rinnovabili) e intraprendere altre strade oggettivamente complicate.

Per un paese come l’Italia che contribuisce con l’1% al problema clima nel mondo basterebbe che si applicasse il concetto di “fare il massimo sforzo sul piano energetico compatibilmente con la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente naturale”, allora la montagna di rinnovabili diventerebbe una collina gestibile e magari ci accontenteremmo di sostituire da subito il carbone col gas metano dimezzando le emissioni di CO2.
Il resto lo dovrebbe fare il cambiamento dello stile di vita di tutti noi in tutti i settori.

Immagine tratta dal web

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