Il brasato è servito, ma non solo!

DI INES GUADAGNINI

 

Non sono mai stata una buona forchetta, di conseguenza non ho la passione della cucina e non sono diventata una brava cuoca.

Ma, nella mia vita ho avuto la felice opportunità di conoscere e gustare piatti diversi grazie alle varie provenienze dei componenti della mia famiglia, una Babele, quest’ ultima, di regioni, dialetti, tradizioni e naturalmente ricette.

Mio padre era emiliano. Ricordo sua sorella, la zia Tina, che viveva con noi in famiglia essendo nubile, impegnata con la mamma a “ tirare la pasta” con il mattarello, su di un grande tavolo opportunamente infarinato.

Ne uscivano, in seguito, tagliatelle dorate, immagino proprio come quelle che, secondo un’ antica leggenda, erano state ideate per imitare i lunghi capelli biondi di Lucrezia Borgia in occasione del suo matrimonio con il duca di Ferrara, Alfonso d’ Este.

Queste nostre, dopo essere state messe a seccare, si ammorbidivano poi in pentola con una veloce cottura.

Con un ragù di carne venivano condite nei piatti, una vera delizia per il palato! Con la pasta fatta in casa, la zia Tina preparava anche i tortellini, a me lasciava il compito di tagliare le cialde rotonde utilizzando l’ orlo di un bicchiere.

Grazie a mia madre, padovana, ho invece imparato ad apprezzare l’ ottimo risotto con i piselli, i famosi “ risi e bisi” , che all’ apparenza sembra un piatto umile, ma in realtà si dice che fosse il piatto richiesto dal Doge di Venezia in occasione della festa di San Marco; per non parlare dello spezzatino con la polenta e del baccalà mantecato.

Va a mio marito, messinese, il merito di avermi fatto conoscere e gustare innumerevoli piatti siciliani: per esempio la caponata con melanzane e capperi … a questo proposito ricordo un episodio davvero buffo, ero appena sposata quando mi fu offerta una porzione di caponata già pronta; io, felice, la riscaldai per gustarla con i presenti, naturalmente sollevando il disappunto di tutti dal momento che “ ma come, non lo sai che si mangia fredda ? “ .

E poi gli spiedini di pesce spada, in quel ristorante sullo Stretto, la luce della luna e del faro a contendersi le onde tranquille di una serata estiva; e la pasta al forno, cosiddetta ‘ncaciata, farcita con mille sapori; e gli arancini di riso … per non dire dei dolci, golosità alle quali è quasi impossibile resistere.

Tutta questa mescolanza di cibi ha contribuito, negli anni, a farci sentire famiglia ogni volta che ci siamo riuniti a tavola e del resto è proprio questo il compito del cibo condiviso: diffondere calore e vicinanza, mentre ci nutre.

Però, un po’ di tempo fa, mi sono accorta che in questo elenco, già così ricco di profumi, sapori, ricordi c’ era un grande assente : il Piemonte! Sì, perchè io sono nata e cresciuta in un comune alle porte di Torino, città che ancora mi emoziona al solo nominarla, ma non ho mai cucinato un suo piatto tipico.

E allora, presa da un improvviso desiderio di riscatto, ho deciso di riparare a questa insopportabile mancanza e ho preparato un meraviglioso “ brasato “ al Barolo,

un vino questo rigorosamente piemontese.

La preparazione è stata un po’ lunga, la cottura lenta e accurata. Ho seguito alla lettera la ricetta e non ho tralasciato alcun ingrediente e così, alla fine, è stato un successo: il brasato al barolo è servito!

Ora però, in questo 2020 da dimenticare, tutto è cambiato per tutti .

Anche il pranzo di Natale non potrà essere lo stesso, ma sulla mia tavola non mancherà nulla di quei profumi, di quei sapori e di quei ricordi.

E intorno ci saremo tutti, presenti e assenti, ad augurarci una serenità ancora possibile, perchè il futuro può essere privato di tutto, ma non della speranza.

 

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