Il brutto suono della parola: «ci risiamo»

DI ANNA LISA MINUTILLO

 

 

Ci risiamo, o forse non abbiamo mai effettivamente smesso di trovarci in una situazione poco felice.

Abbiamo dimenticato il virus nei mesi estivi, abbiamo forse sopravvalutato il senso di responsabilità civile di ognuno di noi, abbiamo pensato che tutto fosse risolto, salvo poi, scoprire che le cose non stanno proprio così.

Molte parole, indubbiamente, ma altrettanta confusione, tra gli esperti in materia, tra chi si fa prendere dal panico perdendo lucidità, ma anche e soprattutto tra chi nega l’evidenza, forse perché guardare in faccia questa realtà che tutto fa, tranne che lasciarci tranquilli, è oneroso, disorienta e non trova risposte.

Ciò che so è che sono tornate a correre le ambulanze, che in molte strutture ospedaliere si stanno ricreando i percorsi «sporchi», differenziati da quelli «puliti».

Ciò che so è che rivivere quel clima in cui i giorni sembravano interminabili, le ore dilatate, ed i pensieri tristi albergavano indisturbati nella mente, non avrei nessuna intenzione di tornare a riviverli.

 

Colpe assegnate come fossero trofei, a chi non ha vigilato, a chi avrebbe dovuto fare di più, a chi come in molti casi, ha sottovalutato il tutto.
Concause che sicuramente hanno la loro importanza, come pure però ha rilevante importanza il comportamento individuale che dopo il «tana libera tutti», in molti hanno preferito ignorare per sposare la causa della libertà dimezzata, del dover vivere a metà, del ritrovato spirito bighellone che aiuta sì a vivere meglio ma che in contesti come questo assume importanza proprio perché si ripercuote sulla vita altrui.

Ripetitivi i discorsi che ascoltiamo, per non parlare di quei volti noti, perché ci hanno accompagnato durante tutto il lockdown, tornare ad essere presenti nelle varie ospitate in tv.

Uscite che sono raramente accompagnate da mascherine sul volto, gruppi e schieramenti di «tutti amici», quando spesso chi ne fa parte, neanche conosce il nome di chi gli sta accanto.
Locali nuovamente occupati da numerosi avventori e quelle immagini di solitudine e morte già dimenticate.

Abbracci che si reclamano a gran voce, quando non appena veniamo a conoscenza che qualche amico è risultato positivo al tampone, ne prendiamo le distanze alla svelta.
Vacanze trascorse in ogni dove, tranne che in Italia, incontri poco protetti, situazioni a rischio veicolate nelle nostre regioni al rientro.

Paesi covid free fino a qualche giorno prima, messi in ginocchio dalla scelleratezza altrui, tutto pur di continuare ad apparire, a negare, a far finta di nulla.

E noi, siamo qui: alla mercé di chi non si crea troppi problemi, con l’indice puntato verso chi accusiamo di non fare bene, ma senza soluzioni, perché alla fine, anche chi è competente, poco sa di questo «bastardello» che rimbalza di persona in persona, incurante di come le riduce, delle nostre vite, della nostra storia.

Ha riguadagnato il palco, interpreta il suo devastante ruolo, piega vite come fili d’erba senza neanche ringraziare gli spettatori veicolanti che si credono invincibili e lo sfidano, senza neanche sapere con chi hanno a che fare.

Si chiede aiuto a giovani influencer per chiedere collaborazione nell’invitare altri giovani all’utilizzo delle mascherine.
Un gesto criticato, che fa discutere, che crea altri commenti poco simpatici, in un clima così torbido.
Ci si chiede perché ci si rivolga a personaggi noti, non ci si chiede perché invece, i giovani ascoltino gli influencer e non i genitori.

In cosa si è fallito?
Cosa non funziona come dovrebbe?

È mutato il comportamento sociale, è cambiato il modo di stare insieme, da anni ormai è più importante la frequentazione di locali alla moda, piuttosto che ritrovarsi ogni tanto in casa, per una cena ed un buon bicchiere di vino.

Per fare quattro chiacchiere e farle durare quanto si vuole.
Tutte cose desuete, tutte cose che ormai non valgono più, eppure: come erano belle quelle serate trascorse insieme alle persone con cui si stava bene davvero, ridendo, confrontandosi, mangiando qualcosa ed andare avanti fino al mattino.

Si iniziava il nuovo giorno insieme, davanti ad un buon caffè, respirando una sigaretta che profumava di albe e ricordi.
Avrebbe potuto essere un’occasione per rotrovarsi, per ridare importanza ai piccoli gesti, per non uniformarsi a cliché prestabiliti, mi sa che abbiamo perso anche quella.

Ora siamo qui, a sperare di cavarcela anche questa volta, ad evitarci per evitare, a rincorrere spiegazioni che sanno di preoccupazione.
Osserviamo chi va avanti a fare finta di niente, quando qualcosa c’è, quando giungono racconti anche autorevoli da parte di chi si ritrova in terapia intensiva.

Si pensa a complotti, a finzioni, a meccanismi strani per controllare le nostre vite, e quando invece ci viene data la possibilità di dimostrare che alle stesse ci teniamo, la usiamo male.

Poche regole, poche rinunce, valgono la vita?
Pensiamoci, riflettiamo su ciò che dovremmo fare, su quanto possiamo, su quanto ci dobbiamo, inutile lamentarsi sempre, se poi, possiamo prendercela solo con noi stessi per le leggerezze che adottiamo.

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.