Il canto dei grilli

DI MARIALUISA VILLA

L’altra sera abbiamo cenato fuori, in un localino lungo il fiume. Dopo, una passeggiata lungo la sponda e poi sul ponte illuminato: un alito di vento, le luci dei lampioni, il vociferare poco distante dai locali all’aperto, la pace della sera. Estate. E come sottofondo, il canto dei grilli. Era un po’ che non li ascoltavo.

E la mia mente, ad un tratto, ha aperto un cassetto, come spesso succede; è tornata a un ricordo di un tempo lontano. A quando, bambina, trascorrevo le vacanze qui in campagna.

Terminata la scuola, papà ci portava qui, nella casa dei nonni, per il periodo estivo. Lui viaggiava, nei mesi di giugno e luglio veniva da noi il venerdì sera e ripartiva la domenica, per tornare al lavoro in città.

Nel mese di agosto poi ci raggiungeva e si fermava con noi fino alla fine delle vacanze, quando tornavamo tutti a casa per il rientro autunnale.

In quel mese si faceva di tutto: scampagnate al torrente con il costume e il cesto per le mangiate all’aperto, giornate al laghetto lì vicino a pescare le trote, serate a mangiare la pizza al tegamino oppure dagli zii al paese vicino, dove si stava a chiaccherare fino a tardi nel cortile di casa, seduti sulle sedie di paglia o sul dondolo.

A volte, mentre i “grandi” conversavano, io e mia cugina ci appartavamo nella sua stanza al piano di sopra, facendoci le confidenze. Mia cugina Carla è la mia sorella del cuore.

Lei era la mia cugina “grande” e io la adoravo, anche se la facevo impazzire con le mie bizze. È sempre stata una ragazza affascinate.

Alta, fine, con portamento elegante, con gambe lunghe e caviglie finissime, mani affusolate e curate, da pianista. Occhi scuri e favolosi capelli mossi naturali. Io e lei abbiamo sempre avuto un legame speciale, nonostante ci fossero sette anni di differenza e vivessimo in due città diverse ci siamo sempre sentite vicine e sulla stessa lunghezza d’onda, E, soprattutto ci siamo sempre volute un gran bene.

E ora, il passare degli anni e le vicissitudini che abbiamo affrontato, hanno reso il nostro legame ancora più forte.

Spesso d’estate ci si trovava con lei e gli zii a casa loro in campagna, oppure da noi nella casa dei nonni per pranzare insieme la domenica. Certe mangiate di ravioli al ragù resteranno indimenticabili nel tempo.

La casa dei nonni era piccina, dava da un lato sulla piazza alberata, tutta verde di gaggie e tigli secolari, che emanavano un profumo inebriante all’inizio di ogni estate.

L’altra facciata della dimora invece, si affacciava sul cortile interno, anch’esso con grandi alberi ombreggianti, erba fresca a terra e, per un breve tratto, ghiaietta fine. Niente cemento, solo natura.

Ricordo di aver imparato a fare ” la ruota” su quell’erba, e rammento ancora più i capitomboli per riuscirci! Si giocava tutto il giorno all’aperto, con le mie amichette, la grande piazza era il nostro ritrovo, dove potevamo divertirci senza alcun pericolo.

Indimenticabili le nostre scorrazzate e le nostre gite in bicicletta , con i vari tentativi per imparare ad andare “senza mani”.

Un ricordo bene impresso nella mia memoria è quello di quel giorno in cui, ormai certe di essere delle fuori classe della pedalata, con le mie compagne di gioco giravamo sulla piazza con l’espressione da furbette in sella alle biciclette, mangiando il nostro panino della merenda.

Quel dì io stavo divorando una farcitissima pagnottina con pomodoro fresco olio e basilico, quando, in una curva, finii a gambe all’aria.

Ho un’immagine nitida delle fette di pomodoro sparse a terra vicino alle ruote della bici che giravano a vuoto nell’aria, e anche delle mie ginocchia sbucciate.

La sera poi, sovente, si giocava a nascondino, sotto le finestre, e le mamme ci raccomandavano di non fare troppo rumore, che la gente, magari, già riposava…

Oppure ci si sedeva sulle panchine di ferro, a raccontarci le nostre storie e i nostri sogni. E si sentiva il canto dei grilli. Particolare non indifferente per chi abitava in città come noi, in mezzo al cemento e al rumore del traffico.

Là i grilli non si sentivano, e non c’era neppure quel silenzio e quell’arietta fresca della sera che conciliava il sonno.
Poi, a una certa ora, si saliva in casa, e mentre mamma riponeva le ultime cose in cucina, prima di ritirarci per la notte, io mi fermavo ancora un po’ sul piccolo balconcino che dava sul cortile. Tutto era immerso nel buio della notte. Tutto era pace e beatitudine.

Si sentiva unicamente il leggero muovere delle fronde degli alberi e quel dolce canto. Tutto era bello, anche quel senso di appartenenza e di protezione, quando mamma mi faceva rientrare, chiudeva le imposte e si andava a nanna.
E dal mio lettino, attraverso le fessure delle persiane, mi addormentavo cullata da quel suono.
E l’altra sera tutto mi è tornato nel cuore. Anche il canto dei grilli.

Immagine tratta da Pixabay

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