Il fiore di montagna

DI ANTONIO MARTONE

Un giorno, sui sassi di una montagna, era nato un fiore. Nel tardo autunno, la sua tenera testolina era spuntata inaspettata dal terreno. Quando nacque, però, non sapeva che sarebbe andato incontro all’asprezza del vento invernale. Era sbocciato in una piccola zolla incastrata fra pietre scomposte e ruvide: il vento aveva portato il terreno e i semi in quel posto chissà da dove… 

Il fiore era delicatissimo e profumato ma venne dicembre e il vento gelato si scagliò impietoso contro la sua corolla delicata, erodendola giorno per giorno. E così, perse pian piano il suo profumo e i suoi sfavillanti colori divennero del colore delle pietre. Il suo capo era già reclinato verso il suolo e riusciva a non cadere soltanto perché il suo corpicino era piccolo e modesto, riuscendo, pertanto, a rimanere ben attaccato al terreno.

Proprio mentre la luce si stava confondendo col buio, però, un serpente piccolo e guizzante scivolò intorno alla sua triste corolla e la sorresse. Rimase lì qualche istante come aspettando qualcosa. Poi sparì rapidamente, scivolando nelle profondità pietrose del crepaccio.
La mattina successiva, la corolla del fiore svettava verso il cielo. Evidentemente, nel corso della notte, aveva pian piano ripreso la sua posizione eretta.

Anzi, non soltanto il fiore era ben in salute, ma non era mai stato bello come allora. Era tanto seducente da attrarre a sé, oltre agli sguardi delle rocce e a quelle delle erbacce che gli stavano intorno, anche le folate di vento. Ora, però, il vento era delicato con lui: si adagiava lentamente sul suo corpo e carpiva il suo intenso profumo, diffondendolo nell’aria.
Il fiore era felice.

La sua vita aveva cambiato forma: era stato sul punto di morire, ora invece le creature lo ammiravano e non potevano smettere di guardarlo tanto era bello. Peraltro, era cresciuto parecchio, divenendo assai più grosso di prima. Se fosse stato tanto alto, smilzo ed elegante quando il vento sferzava tutta la sua forza su di lui certamente non se la sarebbe cavata come invece aveva fatto tempo prima.

In un giorno qualsiasi, già dalla mattina s’era alzato un vento feroce. Ad un tratto, divenne ancora più forte: soffiava, soffiava fino ad infrangersi sui costoni rocciosi che abbondavano in quei paraggi. Il vento investiva con crudezza e ferocia il corpo del fiore. Quest’ultimo non capiva perché l’attrazione verso di lui fosse divenuta ora tanto impetuosa e crudele da frantumare uno ad uno tutti i suoi petali.

La mattina successiva, il vento si placò. Il fiore però giaceva sul terreno, poco al di sopra delle sue recenti radici. Il suo gambo era totalmente lacerato, mentre i petali della sua corolla erano spariti, trascinati a forza dai vortici del vento.
Il sole era già alto in cielo e, nel breve volgere di pochissime ore, avrebbe totalmente essiccato ciò che rimaneva del fiore.

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©® Foto di Danila Ferlini

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