Il grido è la forma primordiale dell’appello dell’essere umano, ma è la risposta a dargli un senso

di Gianfranco Ricci (psicologo)

L’URLO
L’opera più famosa di Edward Munch
“Il cielo era di sangue – sezionato in strisce di fuoco – le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo – scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso – Esplodeva il rosso sanguinante – lungo il sentiero e il corrimano – mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente – ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo – i colori della natura – mandavano in pezzi le sue linee – le linee e i colori risuonavano vibrando – queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie – perché io realmente ho udito quell’urlo – e poi ho dipinto il quadro L’urlo”

L’opera di Munch (in varie versioni, dal 1893 al 1910) mette al centro proprio l’unico elemento che manca: la voce.
Un urlo senza voce, evocato dal vuoto di un viso con bocca e occhi spalancati.
L’uso del colore, le linee distorte, fluttuanti e ricurve, evocano l’angoscia che ha scatenato l’urlo.
Un uomo è rivolto verso di noi, ci guarda e urla: non sappiamo nulla del suo urlo senza voce. Anzi, siamo noi ad evocare il suo urlo, a dargli voce; l’urlo dell’opera diventa il nostro urlo.
Al centro dell’opera abbiamo quindi i due oggetti introdotti da Lacan: l’oggetto sguardo e l’oggetto voce. L’uno presente, in modo diretto e violento, l’altro assente, evocato, suggerito.
“Nessuno mi stava ascoltando: ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura, e allora ho dipinto le nuvole come se fossero cariche di sangue, ho fatto urlare i colori.”
Il grido è la forma primordiale dell’appello dell’essere umano: emesso da chi è inerme, il grido diviene appello solo nel momento in cui qualcuno risponde. Potremmo dire che “madre” sia proprio il nome dell’altro che per primo risponde al grido, dandogli il senso di un appello. È la risposta della madre al grido del bambino, infatti, a dotarlo di senso: sarà fame? Sonno? Dolore?
Altrimenti, senza risposta, il grido è destinato a perdersi, nel silenzio che lo circonda.
È la risposta a rendere “umano” il grido, a dargli un senso: senza l’Altro non c’è possibilità di traduzione, di accoglienza, di risposta.
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