Il padre: il superamento della mera legge e del divieto

DI MARINA AGOSTINACCHIO

Cosa incarna in questo tempo la figura del padre?
In una recente trasmissione radiofonica di Radio tre, Massimo Recalcati ha parlato del padre, aprendo al dialogo con l’intervistatrice un dibattito interessante.

La sintesi di quanto ascoltato e alcune letture di approfondimento sul tema affrontato intendono favorire una riflessione un dibattito.

Padre come divieto
Se un tempo il padre costituiva il divieto, era custode della legge, della regola a qualunque costo e senza possibilità di dialogo col figlio, dagli anni Settanta (per la precisione dall’epoca anteriore della contestazione femminile in particolar modo), si è aperto uno scenario mutato nel rapporto padre/figlio.

Per lunghissimo tempo, la legge, il divieto, non codificato, dell’incesto poteva essere letto in senso lato come legge dell’impossibile, ovvero “Tutto non si può avere”. Il padre rappresentava il “No”, la rinuncia ad avere ora quello che si voleva. E senza dubbio questo è l’aspetto educativo che è venuto in seguito a mancare.

Infatti, la cosiddetta rivoluzione femminile ha contribuito non poco a demolire il simbolico di un padre come rappresentante del divieto rigido, della regola assoluta e ad oltranza, ciò che del padre è l’immagine di un “generatore” di paura.

Abbandonare l’idea del padre come potere, autorità, arbitro del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male, senza dubbio è stato per molte società un balzo in avanti; tuttavia eliminare totalmente questa figura genitoriale, ridurlo a mera funzione biologica trasmissibile ha generato una sua evaporazione.

Così gradualmente abbiamo assistito all’indebolimento di quanto egli dovrebbe essere nella sua essenza.

Ma cosa può ancora rappresentare il padre, o meglio portare nella sua essenza?

Il Padre e la dinamica del desiderio
Padre, così, ci dice Recalcati, può essere qualcuno o qualcosa che ci possa introdurre alla dinamica del desiderio; padre che sia senso della vita con il suo esempio; padre come colui che si assume delle responsabilità.

Ci dice Recalcati che il padre è testimone del desiderio, trasmette cioè il desiderio, incarnandolo nella sua vita, nella dimensione sociale della vita (ad esempio si può scoprire di un insegnante il suo desiderio di trasmettere conoscenza).

Per irrobustire tale desiderio nel figlio è fondamentale avere fede in lui.
Inoltre ambedue, padre e figlio, devono potersi percepire come unici e come fallibili; “è umano sbagliare, si possono avere alti e bassi e ci si può scontrare – basta che rimanga l’amore…quell’amore naturale e semplice che lega solo un figlio al proprio genitore!”

Aiutare i figli nella definizione della propria identità
Andrebbe rivisto quindi ciò che egli è quale espressione del senso della legge, e non della legge da rispettare a priori, da presidiare, porta in sé nel suo porsi di fronte al suo interlocutore.

Il senso della legge trova il proprio significato nel fatto che trasgredendo alla legge il figlio, discente, o chi si vive la relazione verticalizzante, può assumere così la consapevolezza di essere andato oltre.
Come dire che per interiorizzare la legge, bisogna trasgredirla.

Il padre, l’educatore, chiunque si metta in rapporto o alleanza di sistema educativo con un minore, dovrebbe essere profondamente incisivo attraverso il suo agire; l’atteggiamento del figlio, discente, però, mentre nel periodo dell’infanzia è di tipo imitativo, nell’adolescenza diviene contestativo delle “regole” dell’adulto”, dubbioso “della stessa percezione della figura di padre… “è qui che il figlio vuole “diventare lui stesso un uomo” , prova a diventare un individuo indipendente e autonomo a e si sa che, per farlo, deve mettere il dubbio proprio il grande esempio di adulto che ha davanti”.

L’essere padre comprende funzioni essenziali per la crescita di un figlio.
“Porre limiti, definire regole, stimolare alla conquista della vita, rendere responsabili: queste sono funzioni tipiche del ruolo paterno.

Bisogna prendere in seria considerazione l’importanza e il ruolo fondamentale che il padre riveste nella crescita del figlio e nello sviluppo della sua personalità”.
Il padre, quindi, come prima affermato, ha il compito di promuovere l’autonomia dei figli, delineare la prima traccia di coscienza e di autoregolazione degli impulsi, come il senso del limite, i precetti che regolano la vita, la relazione.

La paternità influisce pertanto direttamente sulla formazione della personalità di un bambino, perché diventi autonomo, indipendente, “perché si compia pienamente il processo d’individuazione”.
Proprio per questo egli è perciò “altro” dalla madre, si pone come traghettatore dell’universo esterno. Egli è la prima espressione della realtà: rappresenta l’altro lato dell’identità, un’alterità che parla del mondo esterno, degli “altri”.

Il padre e il taglio
Per uscire dalla con-fusione e arrivare all’individuazione, all’affrancamento del figlio, funzione fondamentale è quella che riveste il “codice”, l’alfabeto, il linguaggio paterno che aiuta il bambino nel non semplice processo di separazione dal “grembo” materno, dal superamento del rapporto simbiotico con lei che si manifesta proprio nell’intimo colloquio,“non sense” alle orecchie dell’estraneo, fatto di suoni, suggestioni, evocazioni ancestrali, vicinanze tattili e corporee.

Tutto ciò rinforza nel bambino “l’acquisizione di alcune importanti competenze di natura psichica come l’attaccamento e l’autostima”.
Il codice educativo materno è quello che presiede alla cura, “alla protezione del bambino, alla soddisfazione dei suoi bisogni, alla sua gratificazione, alla compiacenza” e nel primo anno di vita questo tipo di codice è necessario e indispensabile.

E’ importante riaffermare l’importanza del ruolo paterno all’interno del nostro storico e sociale e di porre in evidenza che esso assolve all’esercizio della paternità con caratteristiche proprie.

Codice di approccio educativo maschile/femminile, non riguarda la distinzione di genere – maschio femmina – , quanto un diverso atteggiamento, a un modo particolare di essere di ciascuno, che agisce in modo differente nel fare fronte allo svolgimento degli interventi finalizzati “alla crescita e allo sviluppo dell’identità personale dei figli”.
Oggi accade, rispetto a un tempo, madre e padre attuino i medesimi codici educativi. Si assiste ad una “maternalizzazione” del codice paterno.

I padri rischiano di fare “maternage”, attraverso atteggiamenti “iperprotettivi, esclusivistici, creatori di profondi legami di dipendenza” e azioni tipici del rapporto madre-figlio.

Questa assunzione, da parte del padre, del codice materno, porta nel figlio alla creazione di una fragilità e una dipendenza affettiva; inoltre, l’acquisizione graduale del processo di separazione-individuazione verrebbe così indebolita e renderebbe sempre più incerta l’emancipazione dei figli dalla dipendenza familiare e un incerto sviluppo dell’identità personale.

Il padre e lo sviluppo cognitivo dei figli
Il padre influenza direttamente anche lo sviluppo cognitivo dei figli. Aiutare i figli nel processo di autonomia, significa favorire lo sviluppo di un pensiero indipendente, maturo, critico.

Padri dalle ampie vedute, aperti a spiegare i motivi di una regola o di un divieto, in grado, più che di provvedimenti punitivi, disciplinari e autoritari, di intervenire con autorevolezza e ragionevolezza fanno sì che i figli sviluppino maggiormente la propria sfera intellettiva.

“Comprendere e rispettare le esigenze dei figli, discutere con loro nella ricerca delle possibili soluzioni a un problema sembra pure favorire sia la flessibilità del pensiero che la curiosità e la creatività”.

Immagine tratta dal web

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