Il percorso tortuoso di una donna moderna

DI MARIA OLIVIERI

Per trasferirsi negli anni 68 dal meridione al settentrione serviva il forte carattere del genitori, quando c’erano tre figli e mancava il lavoro, andando sempre più verso nord, passando in città differenti…

La mitica Milano con boutique, fiere, uffici ed industrie, sfilate di moda da cui erano esclusi gli immigrati. La bambina maggiore Giada, come tutta la famiglia, non aveva nulla di diverso ma a scuola non era accettata.

Così prese a pugni un compagno di classe ma, a sua volta, ne prese anche, perché ogni volta che il compagno la vedeva, la spingeva pur di farla cadere e con tono aspro le diceva: “Vattene terrona,  torna da dove sei arrivata”.

In classe, per i compagni, le caramelle venivano regalate mentre lei le doveva pagare. Una volta entrò con la mamma in un negozio per sapere il prezzo di un maglioncino. La risposta fu immediata: “Non è capo per le sue tasche”. All’uscita dal giornalaio, il papà leggendo un quotidiano, prese erroneamente la bicicletta di un altro signore e questi lo voleva denunciare:
“Il solito terrone”.

La mamma, con questi eventi contrari al quieto vivere, scoppiò in lacrime sussurrandole: “Dove siamo finiti…”. Trascorsero cinque anni prima di potere essere accettati nella società. Nella famiglia, non mancavano le prime necessità. Giada indossava gli abiti scartati dalle cugine, ma sempre con eleganza e con dignità.

Una visita con la mamma ad un’amica con un bimbo, ma l’acquisto di un solo cioccolato che era destinato  al  fortunato.

Lei chiese alla mamma: “Con me siamo due bambini, perché solamente un cioccolato?” La mamma rattristata rispose: “Sai che abbiamo pochi soldi”. Giada abbassò lo sguardo e comprese la situazione. Promise a sé stessa che non appena avesse potuto, avrebbe comprato tanti cioccolati fino all’essere sazia e soddisfatta.

Sia per l’educazione rigida che per quanto subi’, aveva un carattere timido e riservato ma sempre obbediente. Durante l’infanzia uno zio, spogliandola delle mutandine, la molestò. “Se lo dici a qualcuno, ti ammazzo”. Le cugine si stupivano perché non volesse trascorrere le
vacanze a casa loro ma lei,  non disse mai il vero motivo.

Da adolescente i primi corteggiatori e per paura di non essere più vergine, decise di raccontare tutto alla mamma. Furiosa, la mamma voleva partire per il meridione per uccidere questo verme di uomo. La bontà innata la convinse a desistere finché le acque non si chetarono.
Più cresceva, in bellezza e semplicità, e  maggiori erano “gli attacchi” degli uomini.

Sul treno, un controllore la spinse nell’angolo all’entrata del vagone, chiudendo con la sua mano la bocca di lei perché non urlasse e per poterla palpeggiare, a suo piacimento. E poi, uno, due, tre… Non è mai stata una ragazza di facili costumi e nel periodo in cui frequentava le superiori, la seguiva “Un animale macro” guidando una macchina di lusso, con in braccio una scimmietta ed al dito un grande anello d’oro.

Le chiese di andare a fare un giro in macchina, promettendo soldi, lusso e carriera. Non è mai stata attratta da regali terreni, non l’ha mai comprata nessuno. Era terrorizzata. Pensava alle povere ragazze sfortunate, finite in loschi traffici di giovani ingenue. La sua mente tornò

alla sua infanzia.

Tanti uomini tentarono di abusare del suo corpo e piaceva agli uomini di alta società. La loro richiesta era molto esplicita: diventare la loro amante, regalandole appartamenti, pellicce e gioielli. Tutto ciò che ha realizzato l’ha guadagnato in seguito con il suo lavoro. Si chiedeva: “Sono nata con il viso da prostituta?”

Compiere i diciotto anni era un sogno per tutti, traguardo per avere la patente ed anche il pensiero non era differente. Quante soddisfazioni non preventivate, nell’essere chiamata come modella per parrucchieri, per stilisti o essere più personaggi in una compagnia teatrale o in spot pubblicitari.

La giovane era euforica per tutte queste nuove esperienze ed il suo carattere si rafforzava sempre più. Gioviale, altruista, positiva, cresceva in creatività ed intuizioni. Una gran voglia di essere una libera professionista per essere, dietro le quinte, per poter dare un aiuto ai meno fortunati.

Non trovava differenza tra uno zingaro,un manager o un politico. Partecipava ad ogni corso differente che la scuola organizzava ed ognuno di essi era un nuovo bagaglio di conoscenza.

Poi si sposò in giovane età, forse per un atto materno e con il tempo capì che non era mai stata Innamorata dell’uomo che aveva sposato. Lo assunse nella sua attività come collaboratore.

Si accorse che “Il mancato uomo” oltre a non avere voglia di lavorare, aveva rubato tutto l’oro in casa, i soldi dal conto corrente e quanti ne entravano nell’azienda. Aveva il vizio del gioco! Con la speranza di responsabilizzarlo ma risultò un’illusione, ebbero un figlio.

Senza tante riverenze lavorò fino al giorno del parto. Il feto scalciava giorno e notte senza farla riposare. Diventato un bel bambino, disse alla mamma che non era degna, preferendo il lavoro a lui. Sentì una lama nel cuore, quando ascolto queste parole! Il figlio non poteva comprendere quanto amore provava per lui; quanta sofferenza non averlo potuto allattare, giocare con lui.

La sera gli leggeva una favola ma la stanchezza prendeva il sopravvento, facendola addormentare. Come fargli capire che era “l’asino” che trainava l’attività, mentre suo padre non voleva lavorare? Dopo anni di rinvii per il figlio, decise di separarsi e da parte del suo pargolo, iniziò un rapporto di amore odio. Lo affronto con pazienza!

Già da piccolo gli insegnò l’educazione, le tradizioni ed i vecchi valori appresi dai nonni e dai genitori e poiché le era sempre piaciuto il galateo, in base all’età, comprava per lui libri di bon ton. Con rimproveri e dolcezza, il figlio cresceva circondato da amore.

Trascorsero gli anni e per il figlio arrivò l’accesso alle superiori. Non avendo voglia di studiare e non avendo la libertà serale, decise di andare a vivere con il padre. Libertà assoluta! Si ritirò dalla scuola, iniziò ad uscire dalla notte all’alba, e con le cattive compagnie, l’uso di droghe leggere. Lei non perse mai di vista il figlio e con la sua tenacia, fece intervenire “Gesù”, un ottimo amico poliziotto che lo spaventó con un bel discorso e “Barabba”, un conoscente e lo minacciò a suon di botte. Quel tanto che bastava per redimerlo da quel tunnel nero.

Quanti figli uccidono genitori per rubare i soldi e pagare la droga! Fu allora che pur lottando, si sentì crocifissa ed il cuscino, ogni notte, assorbiva le sue lacrime. Desiderava essere sulle ginocchia della mamma.

Il figlio tornó a vivere poi con lei e frequentò una scuola serale, fino ad ottenere il diploma. In quegli anni pensò fra sé: “Come erano, sono e saranno ingenue le mamme: hanno sempre difeso in ogni circostanza, come chiocce i propri figli

anche quando stanno diventano uomini sulla cattiva strada.

Per ogni mamma sarà sempre “Il mio bravo bambino”. Mamme, non avete capito che è stato di vostra proprietà, solamente quando viveva nel grembo? Quante fantasie povere illuse! Bisogna staccare il cordone ombelicale!
A volte sentiva e sente dire dalle amiche:” Se dovessi nascere un’altra volta, vorrei essere un uomo”. Oggi la donna si divide in tre categorie. La prima è la mondana e, sempre più spesso in giovane età, diventa l’amante di un uomo che potrebbe essere suo padre.

Lui non le fa mancare nulla: ristoranti di lusso, abbigliamento e profumi firmati, i weekend a Montecarlo o ai Tropici. C’è poi la donna sposata con figli, che ha uno o più amanti ( la domenica va a Messa) perché il lavoro, il marito, i figli sono ormai una noia! C’è infine la donna umile, sincera che ama il prossimo e la natura, controcorrente al mondo che la circonda e se non dovesse rispondere “alle frecciatine” per evitare discussioni, è considerata “La fessa a cui poter schiacciare i piedi”.

Ma lei ha continuato il suo cammino terreno con tante sfaccettature e sempre con onestà. A volte è caduta ma la forza interiore ed il coraggio sono stati Il sostegno per rialzarsi. Dopo anni dal periodo delle superiori, ha incontrato un amico che negli anni si è laureato e nonostante una malattia degenerativa ed il suo dinamismo sta continuando a lavorare come libero professionista.

Non desiderava avere un prosieguo di incontri con lui, e non già per la patologia o altro, ma aveva troppa paura di intraprendere una nuova relazione. Il corteggiamento fu insistente e talmente convincente, che accettò i primi inviti. Dopo due anni la convivenza. 

Con il tempo lui è cambiato e lei si è trovata ancora nel ruolo di mamma, sorella, amica, infermiera. Di anno in anno ha visto il peggioramento del compagno che non ha voluto seguire nessuna terapia. Lui le chiese soltanto:” Rimarrai con me quando peggiorerò e finirò in carrozzina”? “Certo che rimarrò” con una stretta al cuore per il suo intestardirsi nel non curarsi.

Giada ha sempre aiutato tante persone che, giunte al loro tornaconto, l’hanno poi ignorata. Non ha mai voluto essere vittima di questa vita (ci sono situazioni maggiormente pesanti) ed ha sempre affrontato la sua esistenza con polso e forza nei momenti di tristezza mettendosi una maschera sul viso (Ridi pagliaccio).

Ha sempre avuto l’angolo per trovare la sua serenità, parlando con la natura, l’universo, il Divino! Solamente così si è staccata da questo mondo egoista e cattivo, trovando nel cuore pace e serenità. Ha alzato gli occhi al cielo ed ha sussurrato:”Grazie per avermi dato la vita, il mio bagaglio di vissuto e quello che ancora vivrò. Mi piacerebbe essere già con Te ma mi presenterei con le mani vuote”.

Immagine tratta da Pixabay

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