Il pericoloso «tira e molla» che ancora esiste dopo50anni dalla legge sul divorzio

DI MARIA RONCA

 

A cinquant’anni dalla legge sul divorzio, una disamina di una conquista, anni di travaglio e di clausura, sottese a un processo di colpe e ricadute.

Difficile immaginare le conseguenze fisiche e psicologiche di attori e autori di separazioni dolorose, frammentate nelle dimostrazioni all’ultimo contraddittorio per la non più inimmaginabile vita di coppia e di famiglia.

Dimostrare anni di soprusi, continui ripensamenti e opportunità a riprovare è una estenuante logora battaglia che alla fine si esce sconfitti.

La casistica indica i numeri, le storie di vita, la realtà che si vive quotidianamente.

Dall’uscita del mio saggio “Quello che lo specchio non riflette” sono passati solo sette  anni , e vent’anni investiti nella ricerca e risoluzione alle questioni sempre aperte sulla tematica sui femminicidi.

Mi accorgo quanto ancora c’è da far emergere in meccanismi che bloccano le uscite da “matrimoni infernali”.

Questa volta l’intenzione è di analizzare le storie dentro il matrimonio e i meccanismi che sostanziano alla base di tanti “matrimoni naufraghi”, tante volte di apparenza e di cui il meccanismo del “Tira e molla” contribuisce a permanere in una relazione tutt’altro che sana e positiva, ma deleteria e ossidata dal midollo.

Dopo cinquant’anni è doveroso porci domande e dare un segnale di risposta al pericoloso gioco delle parti che mettono in serio rischio chi è più debole, sia che piano personale che familiare e sociale.

Fattori che resistono nella mentalità ancora permissiva e giustificativa di un modo di essere e di fare che cozza con i presupposti non solo della relazione di coppia ma della società tutta che rispecchia fedelmente le condotte dentro e fuori casa, lavoro e nei rapporti extraconiugali.

Quanti matrimoni naufragano a causa di fattori non prettamente da addebitare alle dinamiche di coppia, ma dipendenti da “fattori extra” a cui non si dà importanza, perché ritenuti socialmente accettabili e senza peso, invece, sono fattori determinanti, comuni e scatenanti a tante tragedie umane che potrebbero rientrare, nella fattispecie delle separazioni obbligate e rispettose, senza ricorrere a stratagemmi a buon conto di una pacifico e sereno divorzio.

La nostra Alice l’abbiamo lasciata nelle ritrovie a fare i conti con uno squilibrato che ha  soldi e potere, che ancora una volta vuole dimostrare la pazzia di una moglie, senza invece conoscere la vera storia, le motivazioni che spingono un uomo a non scegliere, a fare i conti con sé stesso, le sue manie, le sue contraddizioni di fondo.

Non valgono le promesse “Non lo faccio più. Sono cambiato. Non è come pensi”.
Intanto per avere la meglio la
picchia, la ingiuria con appellativi che non si addicono a nessuno.

Sono questi i meccanismi bloccanti e sacrificali a cui la società moderna si adegua e lavora per smascherare e/o eliminare il problema?

Nella pratica si è ben lontani.
Le attenuanti sono altro miscuglio e chi vi si inoltra a ben conoscenza del farneticare scusante che si produce, oltre il non dimostrate che dovrebbe ledere alla legge sulla privacy che grande pasticcio nelle mani di opposti che dimenticano “il sedimento calcinoso” che ostacolano la libertà e la verità esperita sulla pelle.

Il matrimonio non è una catena, un contratto per sempre e senza via d’uscita?

Purtroppo l’uscita per alcuni è un fallimento e si accaniscono contro mentalità, apparenze, falsità. Questo è il nodo cruciale.

Sono gli effetti prodotti della separazione a mettere a repentaglio l’esistente su materiali, prima (casa, soldi, status sociale) e, poi, affettivi (figli).

Le violenze si generano a causa di una privazione affettiva ed economica, poi, su fattori sociali con supposte concezioni sbagliate: “cosa pensarà la gente, i genitori, i familiari, il parroco,… ?”

Il praticante non potrà più fare la comunione, non si potrà più sposare in chiesa e tutte le caterba di solfuree pillole da indorare alla falsa moralità e coscienza.

L’ipocrisia che influenza e che abita i nostri ambiti.
Allora è chiaro che se persistono ancora saldamente dentro di noi questi costrutti non sarà facile fare i conti con cambiamento ed emergenza.

Siamo fermi senza speranza.
Ma il nome del Popolo Italiano siano pronunciate sentenze esemplari e certe.

Nessuna donna si senta mai sola e abbandonata dalle istituzioni e dagli affetti più cari.

Il carnefice creerà tutte le condizioni per minare una donna e a farla desistere dall’uscita dalla violenza, ma sta a chi è intorno a schierarsi per sosterla realmente ea creare tutte le condizioni di prevenzione e di tutela.

#365giorninonviolenza è un progetto di una Sociologa sempre in movimento, accanto alle donne, agli uomini, alle associazioni per una cultura dell’altro, di prossimità e di giustizia sociale.

 

 

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