Il presepe per dare un senso al natale che un senso non ce l’ha (più)

di Chiara Farigu

Ho sempre fatto il presepe. Sia a casa che a scuola coi bambini.

Negli ultimi 20 anni ho avuto alunni di diverse nazionalità, rumeni, croati, russi, albanesi, colombiani e naturalmente africani di religione musulmana. Mai, nessun genitore si è permesso di protestare o di lamentarsi per uno dei simboli della nostra tradizione, forse il più importante, come il presepe. E alle drammatizzazioni natalizie, benché fossero esonerati dell’insegnamento RCI hanno sempre voluto partecipare. Perché volevano essere come gli altri, fare quello che facevano gli altri. Stare insieme agli altri.

Mi è sempre piaciuto farlo, a volte grande altre piccolo come quest’anno. Dà un senso a questa festività che ha perso il valore intrinseco della sua essenza.
Soprattutto di questi tempi, dove la parola chiave è ‘pandemia’. E con essa tutto l’armamentario che ne consegue, dai vaccini ai greenpass di base e rafforzati, dalle zone colorate alle mascherine anche all’aperto e ai distanziamenti sempre raccomandati.

Parole e atti divenuti nel tempo sempre più divisivi.

Tra chi li accetta seguendo i dettami della scienza per tornare a quella ‘normalità’ tanto agognata e chi li osteggia e rifiuta in quanto percepiti come strumenti atti a limitare in parte o in toto la libertà personale di scelta e di azione.

Il presepe, dunque, per recuperare, almeno in parte, quello spirito natalizio di altri tempi. Di pace. Con se stessi e con gli altri. Di solidarietà verso chi non ha e non può. Di amore universale. Di raccoglimento. Con i propri sogni, le aspettative i progetti da realizzare. Di condivisione e partecipazione. Di pausa. Dalle corse frenetiche fuori e dentro casa. Di relax mentale e spirituale. Di calore, di famiglia, di amicizia.

È questo il Natale, in fondo. Staccare la spina dagli affanni quotidiani per tornare ad essere un po’ più umani.

Per ricordarci chi siamo e dove andiamo.

Per rimediare a qualche errore, dire ti voglio bene a chi sopporta la nostra superficialità e tracotanza.

Certo, son tutte cose che si possono fare sempre ma chissà perché non si ha mai il tempo o la voglia. Che male c’è se ne approfittiamo a Natale con la complicità di quell’atmosfera magicamente creata per sospendere ogni belligeranza con noi stessi e con gli altri?

Quel presepe vuole ricordarci questo e tanto altro.
Indipendentemente dalla fede religiosa che ognuno vive come meglio crede.

Basterebbe lasciarsi andare, ascoltare il proprio cuore anche solo per un giorno.

Basterebbe essere meno cinici e credere che in fondo siamo migliori di quel che pensiamo o vogliamo apparire.

Basterebbe … basterebbe parlare di meno e ascoltare di più.

*Scatto personale

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche