Spesso si tace per quieto vivere, poca voglia di combattere, rassegnazione verso un morbo culturale che sembra dilagare senza opposizione.
Ma ora l’insofferenza cresce. La partita non è ancora chiusa. Fino alla fine. Ora e sempre resistenza (con la r minuscola).
“L’altra faccia della crisi è la rinuncia della politica di gestire i conflitti in modo partecipato e la conseguente attribuzione della loro soluzione agli apparati (in particolare la polizia e la magistratura) con deleghe improprie e interventi legislativi ad hoc, talora favoriti da fenomeni drammatici, dal terrorismo alla pandemia. (cfr. Livio Pepino)
Ma così – è evidente anche se rimosso dal discorso pubblico – la democrazia cessa di essere il governo dei più e assume connotazioni autoritarie e verticistiche che ne sono, in realtà, la negazione.
Parallelamente, le libertà diventano privilegi, alla pari dei beni materiali, disponibili a dismisura per pochi ricchi sempre più ricchi e negati alla maggioranza delle donne e degli uomini (mentre anche sotto il profilo del diritto i codici dei ricchi diventano, anche formalmente, diversi da quelli dei poveri).
Non siamo né in Turchia né in Russia – va detto con chiarezza per non deformare la realtà – ma le avvisaglie di una democrazia autoritaria (un ossimoro utilizzato ormai senza pudore) sono molte e univoche”.
E. Se non contrastate per tempo. Rischiano di consolidarsi. Producendo guasti irrimediabili.
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