In attesa del cambiamento, sulla strada della speranza

DI MARINA AGOSTINACCHIO

Covid, primo tempo
Vorrei tanto, sì, vorrei scoprire, riconoscere anch’io i miei passi, gli odori, i suoni, l’orchestra di cui sono fatta. Leggo  le parole che vorrei rivolgere anche a me, sentirle mie, indossarle, ma proprio non riesco.

Troppo distratta dalle lezioni da preparare, dalle video conferenze con gli allievi e poi il fine settimana “dall’igienizzazione”e dal riordino della casa.

Vorrei fermarmi per ascoltarmi. Riprendere a leggere come un tempo nella mia serra studio davanti alla magnolia del giardino, scrivere, parlare con la gente che incontro per strada e per i negozi.

Ma forse il tempo verrà; a giugno terminerà l’anno scolastico e avrò davanti a me le giornate estive per guardarmi, riconoscermi, nominarmi.

Covid secondo tempo
E arrivò anche Natale
Quest seconda ondata letale, mi trova lavoratrice in pensione.

Niente più didattica a distanza, carte da compilare on line, registro elettronico, appuntamenti con i genitori da distanza, alunni chiusi in riquadri come francobolli.

Ma quanto preziosi erano quei piccoli ritagli di vita, con le loro storie, le loro confidenze, le intemperanze giovanili…

Certo, ora nella “sun room” della casa, dove di mattina sono tornata a leggere, a volte scrivere, guardo la vita passare oltre l’imponente magnolia del giardino che mi copre da sguardi indiscreti e così pare che il tempo si sia dilatato, che mi dia agio di organizzare con maggior calma la giornata.

Non credo però di riuscire ancora a trovare il passo giusto in questo insolito spicchio di esistenza; troppi gli anni trascorsi a lavorare con slancio, entusiasmo, passione, rigore e creatività.

Ma, soprattutto, troppi gli anni a rimettermi in gioco nel continuo passaggio dei trienni della scuola secondaria di primo grado.

Incominciare ogni volta al termine di un ciclo: memorizzare i nomi degli allievi, cercare di intuire, prima, comprendere, poi, quel nucleo di sé che gli alunni rivelavano a patto che lo volessero.

E se il contatto avveniva, era fatta! Partiva la motivazione, lo studio, anche solo abbozzato. Dei “miei ragazzi” mi manca il suono, la complicità nelle attività scolastiche ed extracurricolari.

Quello che mi lasciano è tutto custodito in me. So che in qualche momento rivivrò la grazia dei loro sorrisi, il candore, le difficoltà esistenziali, il senso dell’ironia.

E perché no, ricorderò con stupore sempre nuovo quel sapermi “dare” in forme e sfumature diverse, accogliere le personali contraddittorietà: un’insegnante gioiosa e severa, scherzosa e burbera, sfiduciata e resiliente…

Ogni tanto un gruppetto di ragazzine, ora in seconda media, passa in bicicletta, al ritorno da scuola, sotto casa mia, scampanella. Io mi affaccio sul balcone e ascolto con gioia il fragore della risata, i malumori, i desideri….

Poi, via! sulla strada che diviene la pista del sogno per un cambiamento, una speranza per l’anno che verrà.

 

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