In bilico sul tempo dei viventi

DI MARIAESTER GRAZIANO

Nel centro commerciale, c’è un bar. I tavolini strategicamente ammucchiati nell’area comune. Cocktail, pizzette, minuscole porzioni di pancarrè, cubetti di formaggio e una varietà striminzita di salumi.

Non si vedono gli stuzzicadenti con le bandierine internazionali degli anni 80 o i pirottini di carta paglierina o gli ombrellini colorati o le cannucce nei bicchieri o le forchettine di plastica rossa. Tutto quel piccolo bottino di giochi e ricordini da trovarsi in borsa o sul fondo dei sedili di vecchie Fiat Tipo.

La seduzione dei monili del cibo lillipuziano, la bigiotteria dell’ora rilassata.
Ci sono clienti fruscianti in stoffe leggere, caviglie esposte, rapidi bracciali sulle risatine ingrossate e le chiacchiere apparecchiate sui social.
Sulla panca di legno del centro commerciale, quella in cui ci si possono sedere tutti senza pagare nulla, ci sono due fratelli ingombrati da stampelle e pesanti cappotti e una coppia di vecchi sposi con i cappelli di lana dei mondiali degli anni 90 e la tuta.
Fuori dalle stagioni. Dal tempo.
Stanno lì, per sempre potremmo dire, ad accudirsi con rapidi gesti usati, le mani svuotate e impreparate all’ozio, gli occhi succosi di magnetizzate malinconie. Guardano il fronte caucasico del benessere ma hanno le pupille immerse in una migrazione continua. Nella loro vista appannata, c’è chi si sente davvero sfocato.

Davanti a quella media povertà di panni vecchi e incapacità al benessere sfaccendato da paste e carni già confezionate, ci si sente fuori da una storia. Stanno lì e paiono un punto e a capo. Superstiti di un naufragio. Paiono Gesù nella domenica delle palme. In bilico sul tempo dei viventi.

Immagine tratta da PixabayPubblicità

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