In tema di aborto e abortismo

di Daniela Marras

Era il 1976.
Ferveva il dibattito in tema di aborto prima che, due anni dopo, venisse approvata in Italia la Legge 194, con cui venne depenalizzata e disciplinata l’interruzione volontaria della gravidanza.

In quell’anno venne pubblicato un pamphlet, un saggio polemico, in tema, dal titolo “Abortismo libertario e sadismo”. L’autore era il filosofo Luigi Lombardi Vallauri, di formazione cattolica ma che nel 1998 fu allontanato dall’Università presso la quale aveva lavorato per più di vent’anni., perché il suo pensiero era stato ritenuto non conforme rispetto all’ortodossia della Chiesa.

Anni dopo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha riconosciuto la lesione dei diritti del filosofo.
Ma non è di questo che voglio scrivere adesso…

Mi è tornato in mente il pamplhet di Lombardi Vallauri ora che si parla nuovamente di “aborto” non solo in Italia, ma anche, come è a tutti noto, negli Stati Uniti e in Europa.

La pratica dell’aborto è sempre esistita ma la sua giustificazione ideologica, l’abortismo,  no.

L’interruzione volontaria della gravidanza ha trovato una sua “fondazione” soltanto in epoca moderna. Ed ecco quindi che è nato anche l’ “-ismo” per giustificare e fondare l’aborto, la negazione alla vita di nient’altro che “un grumo di cellule” – parole di Dacia Maraini citata dal filosofo.

Lombardi Vallauri ritrova le basi teoriche dell’abortismo nel “sadismo”, nella “filosofia”, nel pensiero del Marchese De Sade, una filosofia, un pensiero anti-umanista il cui principio cardine viene ravvisato nel principio “considera l’altro sempre come mezzo e mai come fine”, in opposizione al principio formulato da Kant “considera l’altro sempre come fine e mai come mezzo”.

Chi abbia letto i libri di De Sade, avrà potuto constatare che il pensiero alla base delle sue narrazioni, come “La filosofia nel boudoir”, è un pensiero di anti-vita, di violenza, di morte e crudeltà, non solo in campo sessuale, in funzione di un individualismo edonista e libertario.
Che De Sade avversasse apertamente la fertilità femminile e la gravidanza ed esortasse alla pratica della sodomia per evitarla, non lo ha certo scoperto Lombardi Vallauri ma Lombardi Vallauri ne ha evidenziato il fondamento nel principio anti-kantiano come detto sopra.

E allora?

Allora, mi chiedo, quando comunemente di afferma di essere “a favore” o “contro” l’aborto, ci si sofferma a pensare a quale principi implicitamente si propugnano e avvalorano?
Chi ha sostenuto e sostiene che “il corpo è mio e me lo gestisco io”, trovando in questo principio, la giustificazione della pratica dell’aborto, arriva ad essere coerente fino in fondo in tema di maternità surrogata e utero in affitto?!

E chi ritiene che l’aborto debba essere affermato come “diritto” negli ordinamenti giuridici, si sofferma a pensare che accanto ai “diritti” vi sono anche i correlati “doveri”?

Certo, in un ordinamento giuridico “positivo” (nel senso di diritto “positum”, diritto posto e imposto dallo Stato mediante le sue norme), c’è spazio per una infinità di “diritti” volendo, nel senso che lo Stato può prevedere e disciplinare tutti i “diritti” che si vuole… ma è questa libertà?

Chi afferma di essere a favore dell’aborto, spesso,  – è una constatazione – afferma anche i “diritti” degli animali in quanto esseri che non possono difendersi da soli, esseri più deboli che, proprio per questo, vanno maggiormente tutelati…
E allora, il “grumo di cellule” che cresce nel ventre di una donna, non è forse essere debole, non ha “diritti”, primo fra tutti quello alla “Vita”?

Così come spesso chi si dichiara a favore dell’aborto, si dichiara anche contro la pena di morte…
Se vale “Nessuno tocchi Caino” in nome del principio di intangibilità della vita da parte dello Stato allora non dovrebbe valere lo stesso principio per l’embrione…?!

Ricordo un dibattito all’Università in cui si era evidenziato che ha poco senso affermare di essere a favore o contro l’aborto… Ci si dovrebbe chiedere invece, “Vogliamo che la pratica dell’aborto sia penalizzata? Sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico?”.
Ecco che allora la prospettiva cambia.

Ecco che allora si è portati, o si dovrebbe essere portati, a considerare “scelte 
tragiche” quelle che stanno alla base di una interruzione volontaria della gravidanza, scelte in cui si bilanciano valori contrastanti, scelte drammatiche, e non certo un leggero e spensierato ricorso alla pratica dell’aborto come mezzo alternativo alla contraccezione.

Ci vorrebbe un trattato per affrontare l’argomento.

Ho voluto solo indicare degli spunti di riflessione, lasciando a ciascuno, e a ciascuna in particolare,  la libertà di trarre le conclusioni che crede in base al suo vissuto e alle sue esperienze.

Quanto a me, fortunatamente non mi sono mai trovata a dover fare scelte tragiche in tema di interruzione volontaria della gravidanza, e ho sempre considerato valore primario la Vita, in tutte le sue espressioni, perché per me la Vita non ha un valore, la Vita è un valore!

Sardara, 10 luglio 2022

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