Incubo, cercando me (nona parte)

DI ROSY PENNELLI

Il giorno seguente, mentre andava a scuola, decise sulla via del cammino, di raccontare ogni cosa alle insegnanti ..aveva paura di entrare nei lunghi corridoi e incontrarlo, il sol pensiero la terrorizzava.

Arrivò nel cortile della scuola, mancavano le file degli alunni…doveva aver camminato più lentamente del solito, era in ritardo!
Si fermò in direzione e chiese di poter parlare con la preside che la ricevette subito.

Greta era imbarazzata e non sapeva come né da dove iniziare, prese un lungo sospiro e cominciò…
Raccontò con un nodo fermo in gola tutto ciò che ricordava, tutto quello che era accaduto la sera precedente.

Mentre lo faceva sentiva le gambe tremare e il sudore bagnare la maglietta che indossava, torturava le sue dita in un convulso mordere unghia e tirarne via le cuticole, lo faceva sempre, si fermava solo quando sentiva un dolore più intenso accompagnato dal gusto ferroso del sangue sulla lingua.

La preside l’ascolto’ per tutto il tempo senza dire e fare niente, alla fine la guardò e le chiese “ Sei sicura di tutto questo? Non è che puoi aver esagerato un po’e capito male le sue intenzioni?”
Greta restò di ghiaccio, ma come poteva dirle una cosa del genere?! Ma l’aveva ascoltata?

“Certo che non ho frainteso! Non ho inventato nulla!” affermò freddamente.
La signora Preside l’accompagnò nella sua classe, chiamò fuori l’insegnante, che confusa guardò Greta e Greta, con occhi stanchi e tristi, cercò Anna con lo sguardo e il suo compagno che le aveva teso la trappola, l’inganno che l’aveva portata a quel sudiciume, al non chiudere occhio quella notte per il dolore al capo, al corpo, alle sue gambe per la pressione delle ginocchia di quell’ essere su di lei e per il dolore nel cuore fino all’anima che sentiva completamente sotto sopra.

Ad Anna era stato assegnato un nuovo posto e il suo compagno era assente. Greta, senza esitare, per la prima volta nella sua vita, si diresse spedita verso Anna decisa ad affrontare la verità su cosa si fosse macchinato alle sue spalle, voleva saperlo a tutti i costi e nessuno l’avrebbe scoraggiata e fatta sentire sciocca in quel momento.

“Perché non c’eri ieri pomeriggio? Perché mi hai fatto questo?” urlò Greta fronteggiando Anna. In quel momento tutti la stavano fissando, tutti la guardavano increduli e sorpresi come se fosse una perfetta estranea che aveva fatto irruzione in aula per portar scompiglio alla lezione.

Anna non capiva il perché di quelle parole, ignara totalmente della situazione, si limitò a rispondere “ io non potevo, sono stata con mia madre..” nel suo volto si leggeva la delusione e l’incomprensione, ma a Greta non importava, abbassò lo sguardo sul pavimento e non voleva risponderle, non voleva raccontare ancora una volta quei momenti, non voleva ricordarli, si voltò e raggiunse il suo posto.

Tutti la seguivano con lo sguardo e a lei parve di sentire i loro pensieri, ne sentiva il peso addosso .. Il suono nella testa. Si voltò verso la classe lanciando uno sguardo nuovo, uno sguardo che non le era appartenuto fino a quel momento ma che sarebbe diventato parte di lei fin da subito, in quello sguardo aveva raccolto il dolore dell’infanzia passata da non molto, il disturbo di sentire sulla pelle gli occhi della gente, ciò che la differenziava da tutti, in quello sguardo sviluppò il suo scudo per tenere lontano chi avrebbe voluto avvicinarsi.

Immagine tratta dal web

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