Incubo, cercando me (sesta parte)

DI ROSY PENNELLI

Aveva tredici anni, viveva sempre lì…
oramai vestiva a suo modo, era determinata a contrastare la
disapprovazione di chiunque.

Ascoltava ciò che

la gente definiva “ La musica di Satana” e
lei lasciava intravedere alla gente ciò che
la gente voleva.

Sì! Era strana… era diversa.
Aveva scelto di essere tutto ciò che gli
altri non erano.
Un giorno, cupo piovoso e freddamente
invernale, a Greta e alla sua compagna di
banco fu stranamente proposto da due
amici di incontrarsi quel pomeriggio per
una semplice ripetizione sull’attuale
lezione di storia.

Uno di loro disse che non
servivano libri avrebbero studiato solo
oralmente e Greta, per la prima volta, si
sentí parte dì qualcosa ed entusiasta
accettò quasi immediatamente.

La
campana suonò e tutti corsero via dalle
file, fuori pioveva a dirotto ma lei non
corse, camminava con un sorriso diverso
stampato sul viso e ansiosa di quel
pomeriggio in compagnia di qualcuno.

Il
piazzale fuori dalla scuola presto restò
deserto e pieno di pozze d’acqua. Greta si
voltò, senza alcun motivo per un solo
istante, aveva sentito il vuoto intorno, era
rimasta sola…tutti sembravano essersi
dileguati, sentiva l’acqua ghiacciata che le
bagnava i vestiti e i capelli ma non le
dispiaceva, per lei era un momento nuovo,
diverso, finalmente l’avevano notata.

Tornò a casa fradicia, pranzò e attese le

18:00.

Quelle ore sembravano interminabili
e lei guardava costantemente l’orologio
appeso alla parete, aveva timore che una volta lì avrebbe sbagliato qualcosa e
sarebbe sembrata sciocca , decise quindi
di uscire un po’ prima, aveva smesso di
piovere e poteva camminare con calma.

Le
strade erano buie ma per brevi tratti
illuminate solo dai lampioni, dai magazzini
e dai fari delle auto… c’era un odore di
erba bagnata e di terreno intriso d’acqua,
sentiva il rumore che fanno le auto
quando attraversano le pozzanghere per
strada, quel rumore le faceva compagnia,
nella sua mente la rilassava e cercava di
tendere l’orecchio per ascoltarlo fino a
destinazione.

Ecco era arrivata… ma dov’era Anna?
decise di aspettarla dinanzi al portone,
erano le 18:30 ma la sua amica Anna non
c’era… pensò… “forse è già arrivata e
aspettano solo me” si disse a bassa voce.
Suonò il tasto del citofono e alla voce che
le rispose, con una timidezza
rispose “Sono Greta”.

Il portone si aprì e Greta salì le scale
strette e poco illuminate da una bassa luce
gialla, continuò a salire fino a che non
avrebbe visto dove una porta si sarebbe
aperta ed ecco quella porta proprio di
fronte a lei… Il suo amico era lì davanti all’
ingresso con un ghigno strano, alle sue
spalle c’era uno specchio Greta non
guardò lui mentre rispose al saluto, ma
guardò il suo riflesso.

I suoi capelli lunghi e
bruni erano bagnati per l’aria intrisa
dall’umidità della pioggia e anche il suo
corpo e il suo volto le parvero bagnati…
non si piacque e come sempre chinò il
capo ed entrò.

Immagine tratta dal web

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