Istat: crollano le nascite, l’Italia sempre più un Paese di vecchi. Nel 2050 saremo 5milioni in meno

di Chiara Farigu

Natalità: è unanime il grido d’allarme che giunge sia da Papa Francesco che dal presidente Mattarella dall’Auditorium della Conciliazione di Roma in occasione degli Stati Generali dedicati appunto alla crisi demografica in Italia qualche giorno addietro.

Un declino inarrestabile.

Solo 10 anni fa per ogni 100 residenti morti i neonati erano 96. Oggi se ne contano a malapena 67.
Si tratta ‘del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918’, recitava il report dell’Istat sugli indicatori demografici nel 2021.

‘Se non verrà invertita la rotta della natalità con misure strutturali nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno‘ . Dobbiamo lavorare per rialzare i livelli di fecondità per raggiungere l’obiettivo di almeno 500mila nuovi nati nei prossimi dieci anni’, ha dichiarato Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat. Obiettivo che appare però come una chimera, se si guardano le tendenze di questi ultimi anni.

Da qui il grido d’allarme per il prossimo futuro che è già qui.

Un trend negativo che è stato accentuato ancor più dagli effetti dell’epidemia Covid-19. Il nuovo record di poche nascite (399 mila, dati Istat 2021) e l’elevato numero di decessi (746 mila), il più alto mai registrato in Italia dal secondo dopoguerra (attualmente sono 178mila) aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese.

Calano le nascite e di conseguenza calano i residenti, al primo gennaio del 2022 si contano 58.983.122, 253.091 in meno rispetto alla stessa data del 2020.

Non solo.

Stiamo diventando un Paese di vecchi e per vecchi.

Le cause? Più o meno le stesse che ci portiamo appresso da oltre un decennio: una crisi dura a morire e politiche insufficienti a favore dei giovani i quali, sempre più spesso, mettono in valigia sogni e aspettative e oltrepassano i confini in cerca di nuove e più redditizie opportunità lavorative.

Difficile metter su famiglia in assenza di lavoro o con lavori precari e sottopagati. Ancora più difficile poi per le donne riuscire a conciliare lavoro e famiglia. Pochi e insufficienti gli investimenti sulle famiglie, quasi inesistente la flessibilità sul lavoro.

E questo per molte di loro comporta dover scegliere tra un figlio o il lavoro. Una scelta sofferta. Che porta a rimandare il desiderio di maternità, è di 32,1 anni l’età media della prima gravidanza, e a contenere il numero dei figli, sempre più spesso unico.

Le conseguenze, come confermano periodicamente gli istituti di statistica, è l’inevitabile fenomeno delle ‘culle vuote’. Vuote di speranze, vuote di ricambio generazionale, vuote di linfa vitale: ‘Senza figli l’Italia è destinata a scomparire’ ha ribadito più volte il Capo dello Stato, in perfetta sintonia con quanto già espresso anche dal premier Draghi.

‘Occorre affrontare la crisi della struttura demografica del Paese, favorendo la famiglia e l’adempimento dei relativi compiti come prescrive l’art.31 della Costituzione, che ci richiama, conseguentemente, alla tutela della maternità, dell’infanzia e della gioventù’ ha scritto nel messaggio inviato al Presidente della Fondazione per la Natalità. Basta tergiversare, per contribuire alla ripartenza del Paese, occorre rendere esecutive quanto prima le misure già previste nel Family Act. Occorre insistere-ha aggiunto Mattarella-con le istituzioni a tutti i livelli atte a sostenere economicamente le famiglie con figli.

Forte e chiara è giunta anche la voce del Pontefice, sebbene ‘dispiaciuto’ per non essere presente fisicamente ma solo attraverso un video-collegamento.

*Immagine RaiNews24

‘Non vedere il problema della denatalità è un atteggiamento miope; è rinunciare a vedere lontano, a guardare avanti. È girarsi dall’altra parte, pensando che i problemi siano sempre troppo complessi e che non si possa fare nulla. È, in una parola, arrendersi. Per questo mi piace il titolo del vostro evento, organizzato dalla Fondazione per la Natalità e promosso dal Forum delle Famiglie: «Si può fare». È il titolo di chi non si rassegna. È il titolo di chi spera contro ogni speranza, contro numeri che inesorabilmente peggiorano di anno in anno. Si può fare vuol dire non accettare passivamente che le cose non possano cambiare.

Papa Francesco, da sempre fautore della natalità e del sostegno alle donne affinché possano decidere in tutta tranquillità e con l’assistenza necessaria di mettere al mondo i figli, chiede concretezza. Chiede di passare dalle intenzioni alle vie di fatto, di dare risposte reali alle famiglie e ai giovani: la speranza non può e non deve morire di attesa, ha chiosato Bergoglio, ‘bisogna invertire la rotta di questo freddo inverno demografico’.

Dove ad avere la peggio ancora una volta sono le donne. Le prime a perdere il lavoro, quando ce l’hanno, in periodi di crisi, oltre il 70% nel periodo pandemico, sono state loro, le donne. Così come ad essere sottopagate, a parità di orario e mansioni, rispetto ai loro colleghi uomini.

Occorre investire sulle famiglie, è stato ribadito più volte al forum de Gli Stati Generali. Partendo dai fondi del Pnrr per favorire il lavoro femminile e promuovere un patto per la natalità.

Obiettivi che richiedono impegno, condivisione e concretezza. E tempi celeri.

La strada da fare è ancora molto lunga per lasciarsi alle spalle ‘l’inverno grigio e freddo’.

Invertire la rotta non solo si può ma si deve.

*Immagine Pixabay

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche