Istat: è record di nuovi poveri. Mai così tanti dal 2005

di Chiara Farigu

Mai tanta povertà come in questi ultimi anni. A certificarlo, periodicamente, gli istituti di statistica  #Censis, #Coldiretti e in ultimo, ma solo in ordine cronologico, il report dell’Istat del 16 giugno scorso con riferimento all’anno 2020.

Ad avvertire il peso, recita il Rapporto, sono poco più di due milioni di famiglie (7,7% del totale da 6,4% del 2019) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%), ed è più consistente tra le famiglie numerose mentre l’incidenza di povertà diminuisce nelle famiglie con almeno un anziano.  In pole position il Mezzogiorno, da sempre maglia nera con le due isole maggiori, ma la crescita più ampia si registra nel Nord, dove la povertà sale al 7,6% dal 5,8% del 2019.

Dati allarmanti ma riscontrabili nella quotidianità.

Basta uscire di casa. La vedi dappertutto. Ulteriormente lievitata dopo un anno e passa di pandemia e di continui cambi di colore dovuto ai contagi che hanno imposto restrizioni e chiusure. Molte delle quali da temporanee sono diventate definitive.

Molti, troppi, i cartelli ‘Cedesi attività’ o ‘Vendesi’ affissi su saracinesche abbassate o su seconde case sulle quali gravano tasse e accise di ogni genere. Chi compra si conta sulle dita di una mano. Un mercato in crisi da troppi anni quello immobiliare.

Le coppie giovani scappano a gambe levate. Si traferiscono al Nord ma sempre più all’estero dove sperano di ritagliarsi un angolo di futuro.

Molti giovani di oggi saranno i poveri di domani. Li aspetta una vita da precari, di lavoretti a tempo, sottopagati, sfruttati all’inverosimile perché tanto se rifiuti ce n’è un altro in condizioni peggiori che accetta. Un’intera generazione è a rischio povertà. Quella che oggi vivacchia grazie al welfare familiare di genitori e nonni che provvede dove lo Stato latita.

Ma poi? Sarà sempre peggio, ci ricordano i dati impietosi della #Caritas, che vedono mese dopo mese aumentare il numero di quanti si mettono in fila per aspettare un piatto caldo o un pacco di viveri da portare a casa. Perché ai ‘vecchi’ che vivevano già in equilibri precari, si aggiungono i nuovi poveri. Quelli che ha creato la pandemia. Lavoratori saltuari, autonomi, stagionali privi di ammortizzatori sociali o con insufficienti misure di sostegno.

Se alla povertà economica aggiungiamo quella educativa (preoccupano e non poco i casi di abbandono e ritardo scolastico così come la disaffezione allo studio, per molti studenti conseguenza della difficoltà a seguire da remoto le lezioni) e quella sanitaria (sono sempre più i pazienti, soprattutto anziani, costretti a rinunciare o a rinviare le cure non legate al Covid), il quadro che si delinea è a tinte fosche. A pagare pegno, i più deboli: donne, anziani e bambini. Oltre un milione, questi ultimi, vivono in povertà assoluta, sostiene Save The Children. Numero che negli ultimi 10 anni è più che triplicato.

E’ record di nuovi poveri, concordano gli analisti del settore. Conseguenza di una delle peggiori crisi economiche della storia, seconda solo alla grande depressione dei primi decenni del XX secolo.

Numeri spaventosi. Che chiamano in causa la politica affinché intervenga con provvedimenti immediati e concreti a supporto per contrastarla. Quelli attualmente vigenti (Rem) appaiono del tutto insufficienti, vista la situazione.

Occorre invertire la rotta. Prima che sia troppo tardi.
Perché la povertà non è solo mancanza di cibo o di vestiario o di cure.  E’ isolamento. Da tutto e da tutti. E’ paura del presente ma soprattutto del futuro.

Ed è proprio questo, il futuro, che politiche lungimiranti devono assicurare. Se non si vuol perdere la parte migliore della società.  La linfa vitale.

*Immagine pixabay

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche