Jean Michel Basquiat, la storia di una carriera troppo breve

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Breve. Troppo. La carriera di Jean-Michel Basquiat nasce e si consuma così, fugacemente, in una manciata di anni.
Anni intensi e difficili, gli anni Ottanta: incredibilmente proficui dal punto di vista artistico, ma tragici per quanto riguarda i problemi che finiranno per minare, tra gli altri, la cosiddetta generazione perduta degli artisti.

Jean-Michel Basquiat è bellissimo; di padre haitiano e madre statunitense di origine portoricana, i suoi lineamenti mostrano quel mix di culture etniche che gli attribuiscono innato fascino e suadente eleganza.

Da bambino, Basquiat, è costretto a trascorrere un periodo di degenza in ospedale, così la madre, per alleviargli il trascorrere del tempo, gli porta un libro: sarà quella lettura, in seguito, ad influenzare lo stile dell’artista Basquiat, le cui figure, spesso scheletriche e connotate dal punto di vista anatomico, racchiudono quel germe di schematico tecnicismo ricollegabile alle illustrazioni di Gray’s Anatomy, il cui titolo sarà poi reso celebre dalla nota serie televisiva.

A quindici anni, tanto per dimostrare immediatamente la propria ingovernabilità, scappa di casa e si rifugia a New York, dove vive per strada, anche se il suo talento verrà presto notato e gli permetterà di frequentare una importante scuola a Manhattan, che tuttavia abbandonerà prima del diploma.

Lì conosce il collega Al Diaz, insieme al quale amano decorare i muri della città firmandosi con l’acronimo SAMO, che poco ha a che fare con l’isola greca dei noti vasi, ed è leggermente meno innocente dell’attuale TAS – Tagliatelle Alla Salsa – degli attuali writers.

Una carriera bruciante e sfavillante, quella del giovane artista, nel corso della quale incontra Andy Warhol – il genio della Pop Art rimane talmente impressionato da acquistare alcune sue opere – e i due intraprendono anche una collaborazione, destinata ben presto ad esaurirsi a causa dei problemi di droga di Basquiat.

Ai funerali di Warhol vige la precisa disposizione di non permettere la sua partecipazione.
L’eroina, che in quegli anni si trova con molta facilità, condiziona pesantemente, e finirà per farlo definitivamente, la sua esistenza,
Sfuggente sia rispetto al denaro che alle relazioni amorose.

Spende quantità enormi di denaro per oggetti che, una volta acquistati, accantona in un angolo senza più considerarli, e ha una relazione con la cantante, allora emergente, Madonna, la stessa che si occupa della musica al megaparty in occasione del compleanno di Keith Haring, ma la storia terminerà in breve tempo a causa dei rigorosi salutismo e professionalità dell’artista italoamericana, non in grado di tollerare la sregolatezza del contrapposto genio ribelle.

Mostra la propria esuberante personalità sia frequentando i locali più cool di New York, che devolvendo sistematicamente in beneficenza gran parte degli esorbitanti guadagni ottenuti con la vendita delle sue opere.

Generoso e incontrollabile, alterna periodi di assoluta inerzia a momenti di esplosiva iperattività, fino a quando muore nel 1988, a soli ventisette anni, a causa di una overdose.

Il racconto della sua esistenza, regalata alla storia dell’arte, nel 1996 diventa un film con la regia di Julian Schnabel.

Tra le sue opere, oltre alle innumerevoli creazioni senza titolo, non manca la pressante denuncia sociale della discriminazione afroamericana: Arroz con pollo, del 1981, ne è un lampante esempio, in cui un uomo nero e scheletrico – riemergono i disegni di anatomia tanto amati da bambino – offre un pollo arrosto ad una donna bianca, visibilmente opulenta…

Immagini: Arroz con pollo, 1981, Collezione privata; Jean-Michel Basquiat, in completo Armani, di fronte ad una delle sue opere – web

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