Juan Carrito: la difficile arte della convivenza

DI MARINA M. CIANCONI

Juan Carrito ha perso la vita il 23 gennaio, sulla strada statale 17, in Abruzzo; è stato investito e dopo poco è morto.
Juan Carrito (M20) era un giovane Orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus), quindi potenzialmente riproduttivo e importante per questa esigua popolazione sull’orlo dell’estinzione che abita il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) e gli areali nei dintorni, con anche qualche sparuta presenza di singoli individui nei Parchi naturali vicini. Una grande amarezza la sua scomparsa.

Altri Orsi sono morti sull’asfalto e tanti animali selvatici. Sulla stessa strada statale nel dicembre del 2019 è stata investita un’Orsa che aveva con sé il suo cucciolo; è rimasto orfano.

Un tratto della SS17 è stata messa in sicurezza grazie alla buona volontà e ai fondi di Associazioni come Salviamo l’Orso e il WWF e anche con l’aiuto del PNALM.

La tutela della fauna selvatica passa anche attraverso queste strutture di sicurezza, sovrappassi e sottopassi, recinzioni lungo le strade più trafficate, dovrebbero essere una priorità tra le spese di uno Stato civile che all’articolo 9 della Costituzione tutela la biodiversità.

Invece accade molto più spesso che siano i privati cittadini di buona volontà a fare raccolte fondi e ad agire.
Oltre a lavorare per mettere recinzioni lungo le strade che accompagnino gli animali verso attraversamenti più sicuri, è però necessario ribadire che nelle strade che attraversano aree naturali, protette e non, si deve mantenere una bassa velocità, in modo da poter frenare in tempo in caso di attraversamento, anche improvviso, della fauna selvatica.

Ciascuno di noi può farlo. È una questione di rispetto verso queste altre Vite a casa loro; è una questione di amore verso la Natura e di premura per la sua conservazione.

Personalmente quando guido in aree naturali mi autoimpongo il limite massimo di 50-60 Km/h, perché non solo mi do il tempo di frenata ma, nel caso mi attraversi la strada un animale, posso, salvandogli la vita, ammirarlo nella sua bellezza.

Mi è successo, alcune volte, e considero queste occasioni di vederli, gli animali, un vero regalo da parte della Natura.
Gli animali si muovono lungo le strade o le attraversano per i più svariati motivi, spesso una strada facilita i loro spostamenti oppure attraversarla significa raggiungere fonti di acqua o cibo; accade spesso al crepuscolo o di notte. Bisogna andare piano e fare attenzione, molta.

Purtroppo mi è successo di vedere anche i loro corpi esanimi ai margini o in mezzo alla strada, presi in pieno e lasciati lì senza alcun soccorso, alla loro agonia e alla morte, come fossero pietre del paesaggio.

Questo mi fa male, da sempre. Se malauguratamente si investe un animale o se ne vede uno investito, è importante chiamare soccorso, come i Carabinieri forestali, i Centri di Recupero della Fauna, gli Enti Parco, insomma non lasciatelo solo.

Juan Carrito, sempre dimostratosi innocuo verso noi umani, pur vagando tra un paese e l’altro, era un Orso che potremmo definire “confidente” o “curioso”, ma non problematico, termine che rispecchia una visione nostra, ossia l’animale è ritenuto causa di problemi per noi, guardandolo con i nostri occhi e le nostre esigenze.

Ci vuole molta educazione alla convivenza con la fauna selvatica e soprattutto sapere cosa si può e cosa non si deve fare in presenza di animali selvatici. Sicuramente si può convivere con la fauna selvatica, adottando tutte quelle misure di rispetto e cautela che essa merita.

Se ci soffermiamo un attimo a pensare in modo diverso, aprendo altre prospettive, agli occhi di una popolazione di Orsi marsicani ridotta ad una stima di circa 50 individui, che basta un niente a spazzarla via.

I veri “problematici” siamo noi: entriamo in casa loro, a piedi, con le auto, con le moto, con le bici, con mezzi pesanti, frammentiamo e riduciamo l’estensione dei loro territori, ci creiamo infrastrutture e divertimenti per noi, li disturbiamo cercando di fotografarli, facendo video, inseguendoli, anche quando una madre ha i cuccioli al seguito, lasciamo in giro e a loro portata i resti del nostro cibo attirandoli vicino a noi e così via con tutte quelle azioni che non solo danneggiano ma spaventano, in certi casi, un animale selvatico.

Noi uomini poi siamo davvero molto numerosi, rumorosi e omni presenti, siamo ovunque. Loro sono solo cinquanta Orsi marsicani, relitti di un tempo molto lontano e di uno spazio che noi abbiamo soffocato, e per salvarli pensiamo di imporre loro di rimanere in montagna (anche se noi siamo pure lì…), di non muoversi da lì, dai territori, sempre meno, rimasti selvaggi.

Ma la Natura non ragiona così, non ragiona come noi, mettendo confini ideali che ci fanno comodo, perché sennò le nostre case e i nostri giardini potrebbero risentirne del “selvatico” là fuori (la nostra paura più ancestrale…).

Noi la Natura pensiamo di metterla lontano dalla porta di casa, di confinarla, ma ci illudiamo. E da questa illusione sono scaturiti quasi tutti gli attuali e giganteschi problemi della nostra Era, quella dell’Antropocene.

L’Orso marsicano non so con quale incredibile forza, se non miracolo, ha resistito per arrivare fino ad oggi, ma è sempre in costante pericolo.

Allora succede invece che un orsetto, guidato prima dalla mamma, comincia a capire che infondo scendere nei paesi, o nelle strade, o vicino ai cassonetti dei rifiuti, o agli apiari, ai pollai e ai frutteti e ai campi coltivati messi su dall’uomo e ubiquitari non è poi così male.

Perché sono dappertutto ed è più facile trovarci da mangiare o riparo, anche nelle stagioni peggiori come l’inverno, perché magari un paese è più caldo rispetto alle altitudini montane, perché ci sono fonti a cui abbeverarsi, perché non si rischia di incontrare altri orsi, magari maschi adulti, o perché semplicemente qualcosa gli dice che per sopravvivere bisogna tentarle tutte.

E siccome l’uomo è pressoché ovunque e il giovane orso segue la sua innata propensione a muoversi, a spostarsi, ovunque va trova l’uomo e le sue “cose”. Allora questo giovane orso, ed altri come lui, stanno imparando e sperimentando una vita nuova, diversa da quella dei loro antenati che avevano tanto spazio naturale sia a valle che sulle montagne.

Si è tentato alcune volte di riportare Juan Carrito nelle montagne, lo si è anche confinato per un breve periodo, ma forse a lui i paesi piacevano e avrà avuto i suoi giusti motivi da Orso.

L’intelligenza di ogni individuo di una specie si concretizza nelle sue capacità ed attitudini, quelle che gli consentono di adattarsi ma anche di apprendere; l’apprendimento viene acquisito non solo dai genitori o dal gruppo sociale in cui egli vive, ma anche dall’ambiente che man mano va ad incontrare e scoprire nel percorso della sua vita, saggiandone e testandone le possibilità di sopravvivenza, ossia ciò che esso offre.

E così torniamo a come ragiona la Natura e a come questo suo ragionare è insito in ogni vivente che, non solo centra se stesso sulle sue proprie capacità, una parte delle quali sicuramente ereditata, ma studia e altamente si impegna nella conoscenza dell’ambiente intorno a lui che cambia. Gli animali sentono e percepiscono l’ambiente intorno a loro. Lo fanno anche le piante.

Forse, allora, se tentassimo di guardare con gli occhi di questo giovane e coraggioso Orso capiremmo che lui, come altri prima di lui, e come molti altri animali selvatici, ha perso la vita per tentare di autosostentarsi percorrendo quella via che appare, ai miei occhi, un’evoluzione del mondo intorno a lui.

Se l’ambiente cambia, muta, crea pressioni, ti modella e ti definisce e ti costringe, inesorabilmente, a mutare a tua volta.

Così Juan Carrito ha seguito quell’intelligenza antica e scritta dentro di lui che lo ha portato a saggiare e ad esplorare una diversa via, questo nuovo mondo creato dall’uomo, ci si è immerso dentro, per vedere se offriva migliori possibilità di vita.

Juan Carrito non era stupido e nemmeno problematico, era un pioniere, qualcuno che ha cercato di trovare un modo altro di sopravvivere.

Così ragiona la Natura, Juan Carrito è morto dentro il nostro mondo, non nel suo, perché aveva capito che il mondo delle montagne è diventato troppo stretto, piccolo e spezzettato dall’invasione del mondo umano, per una residua popolazione di Orsi che può solo espandersi per sopravvivere.

I suoi giovani maschi, soprattutto, sentono quella spinta innata a girovagare ma difficilmente riescono a farlo se non immergendosi nel, ed anche impattando contro, il nostro mondo.

Noi non ragioniamo come la Natura e il suo modo di progredire ed evolversi sovrasta comunque su tutto ciò che noi abbiamo generato.

La spinta alla sopravvivenza è una tra le più potenti forze che la Natura sa mettere in campo. Solo permettendo alla Natura di ritornare fra noi, o forse dovrei dire… solo ritornando noi alla Natura saremo in grado di capire la convivenza e permetteremo ad altri esseri viventi di progredire ed evolversi ancora.

Solo guardando attraverso gli occhi di un animale selvatico, come Juan Carrito, potremo guardarci dentro e cercare di capire cosa sbagliamo e come possiamo migliorare.

Juan Carrito non ha mai fatto del male a nessuno, persino quando, in un episodio accaduto circa un anno fa a Villalago, un cane da pastore tedesco, lasciato libero dalla padrona, gli ha abbaiato contro per diversi minuti a pochi centimetri dal suo muso; avrebbe potuto reagire, difendersi, ma non lo ha fatto. Si è mostrato equilibrato.

Anzi, si è anche sdraiato a terra, forse pensando di comunicare al cane la propria volontà di non nuocere. Sicuramente osservando il video ci si rende conto che l’aggressione proveniva dal cane.

E allora mettiamoci nella mente di Juan Carrito, forse lui tentava di dirci qualcosa con questo suo desiderare di essere tra noi, forse se davvero imparassimo ad osservare i comportamenti degli animali, sempre con il dovuto rispetto, potremmo imparare molto da loro e su di loro.

Io penso che quando gli animali arrivano tra noi è perché i loro spazi naturali vitali si stanno riducendo sempre di più e a causa nostra, cercano un altro modo per sopravvivere; forse Juan Carrito e tutti gli animali come lui che ci vengono incontro, cercano a loro modo di chiederci ed insegnarci la convivenza, certamente prendendo ciascuno le proprie misure di sicurezza rispetto all’uomo. Essi sanno però come convivere.

Se i miei occhi sono quelli di Juan Carrito, se io sono l’Orso, so che voglio vivere e lo posso fare alla mia maniera, con tutto quel bagaglio che mi porto dentro, con quell’intelligenza che mi proviene da lontano.

Forse il vostro complicato e vasto mondo umano può offrirmi comprensione, tutela e protezione, forse posso fidarmi di voi, ma avete ancora tanto da imparare su di me e sulla convivenza.

“Salviamo l’Orso, proprio nel mese di dicembre appena passato, ha iniziato una raccolta fondi per terminare la messa in sicurezza della SS17. Per chi volesse contribuire, anche un piccolo aiuto è importante. ”

 


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