Kazimir Malevič e il suo quadrato nero

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Kazimir Malevič e il suo quadrato nero.
Il buio, proposto senza mezzi termini all’osservatore, ideale buco nero che tutta la luce trattiene ma al contempo la trasforma in qualcosa di solo apparentemente ignoto, poiché Malevič, attraverso la dirompente concezione di arte suprematista, vuole, nelle sue stesse parole, evocare l’esperienza della pura non oggettività nel vuoto di un nulla libero, attraverso cui trasforma sé stesso nello zero della forma per riemergere dal nulla alla creazione.

Il Suprematismo, nuovo realismo della pittura – uno dei momenti più alti e significativi della storia dell’arte – teorizzato in quel manifesto che, nel 1916, l’artista filosofo stende assieme all’istrionico Vladimir Majakovskij.

L’apparenza della natura che perde valore agli occhi dell’artista, confermando la consapevolezza per cui la forma pittorica non deve derivare né dalla realtà né dalla percezione che l’autore ha di essa, al contrario occorrendo una creazione originata da una profonda riflessione sugli elementi fondanti della pittura.

Un percorso che conduce dall’assenza all’essenza, liberando la rappresentazione da qualunque vincolo, e scegliendo di mostrarla nel nero: il nero, che al pari del bianco si qualifica come non colore, assurge ad una innovativa dimensione iconica, in cui quest’ultimo termine non è assolutamente casuale.

Malevič, infatti, espone la propria opera a San Pietroburgo, nel 1915, lo stesso anno in cui viene realizzata, in un particolare spazio, collocandola in un punto preciso della sala, che è proprio quello situato in alto, all’angolo di incontro tra le due pareti: lo spazio, nella cultura russa, riservato alle icone, che ne afferma in tal modo la spiritualità.

Quella spiritualità che risiede in un nero senza immagine ma non senza colore, ribadendo come la voce dell’arte non sia tanto l’immagine quanto il colore, poiché la pittura può anche fare a meno dell’immagine, ma non del colore.

Un nuovo modo di concepire arte e pittura, che si rivelerà poi fondamentale nell’ispirare le successive realizzazioni monocromatiche di grandi artisti quali Yves Klein, il quale creerà, e brevetterà, il suo IKB – International Klein Blue, tuttora considerato la figura principale del Nouveau Réalisme, il filone francese del movimento americano New Dada, tuttavia ricollegabile ad una forma d’arte più diretta e provocatoria.

La profonda riflessione al cui esito tutto risulta privato di un contenuto, espresso o simbolista che sia, per giungere alla creazione di un’arte fine a sé stessa, in cui la pittura, a stretto contatto con la pura sensibilità dell’artista, non deve raffigurare ma solo esprimere.

Eliminata la realtà naturale, resta il pensiero delle forme pure, astratte, in ossequio al concetto di arte per l’arte, nel momento in cui il Suprematismo si pone in una fase scientemente transitoria tra Futurismo e Costruttivismo.
Finale. Sipario. Dissolvenza in nero…

 

Immagini: web
Le crepe visibili sulla superficie del dipinto sono, purtroppo, dovute al pessimo stato di conservazione dell’opera.

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