La Letteratura al tempo del Covid-19

di Andrea Marino

Difficilmente ci capiterà di dimenticare l’anno orribile 2020 per l’immane carico di dolore che ha arrecato e che, almeno secondo le previsioni degli scienziati, nell’immediato continuerà a causare. Scorrono davanti agli occhi le immagini sconvolgenti dei pronto soccorso e dei reparti ospedalieri superaffollati di donne e uomini sofferenti, del corteo dei camion militari stracarichi di bare con i corpi di quanti, soprattutto anziani, in struggente solitudine ci hanno lasciato. Una pena.

Il nostro continua, così, ad essere un tempo sospeso, disorientato, ammorbato, virulento, non alle prese con la annuale emergenza influenzale, secondo la narrazione che hanno tentato e tentano di propinarci improvvisati e improbabili virologi, ma alla mercé di una entità, un virus, invisibile, subdolo, che rapido e infido si insinua in modo silente negli organismi, li debilita, li sfinisce e che ancora si stenta a contrastare in modo efficace. Tempo malato, di una malattia viscida, imprevedibile, che provoca incertezza, sconforto e paura, che non solo asfissia i corpi, ma precarizza anche le esistenze, inasprisce gli animi, inquina le relazioni, azzera i contatti fra le persone, inibisce la mobilità, fa diventare schiavi di restrizioni, che però vanno rispettate, comprime, rende non sicura ogni ipotesi di futuro, fa precipitare nell’angoscia e nel pessimismo. È, insomma, questo nostro, il tempo della incontrastabile, inquietante rivelazione della nostra fragilità e transitorietà, che ci convoca costantemente a confrontarci con situazioni drammatiche che interpellano la nostra ragione, le nostre coscienze di uomini e di credenti.

Allora sorgono spontanei e angoscianti interrogativi ai quali difficilmente si riesce a dare una risposta esauriente, definitiva: quale senso dare alla epidemia che si sta vivendo? Come bisogna affrontarla? Come ne usciremo?

Comunque, anche se può apparire avventato, bisogna anestetizzare lo scoramento, coltivare la speranza che la pandemia sarà debellata, riscoprire le ragioni su cui ricostruire il nostro futuro e, come esorta papa Francesco, ritornare a sognare.

In  tale temperie ritengo che la Letteratura possa assolvere una funzione fertile, proficua, costruttiva, confortato in questa opinione dall’autorevole certificazione di uno dei più accreditati studiosi  europei, Tzvetan Todorov  (1939-2017):  Quando mi chiedo perché amo la letteratura, mi viene spontaneo rispondere: perché mi aiuta a vivere… Al di là dall’essere un semplice piacere, una distrazione riservata alle persone colte, la letteratura permette a ciascuno di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano”.

Nei momenti di grande insicurezza, infatti, di disorientamento nella comprensione del presente, d’incertezza sul futuro, come quelli che stiamo vivendo, soccorre quasi sempre la lezione delle opere del passato, magari poco frequentate, che  consentono di riscoprire la fondamentale valenza anche pedagogica della Letteratura, al di là dei significati metaforici  di cui riveste gli  eventi che descrive; nella consapevolezza, cioè, che l’opera letteraria ha una vocazione universalizzante, si muove dal particolare all’universale, non ricostruisce, non rispecchia fedelmente la realtà materiale, individuale o collettiva, che adotta, ma la può manipolare, la manipola, anche per accreditare o promuovere consenso.

Pur tuttavia, alle prese con l’attuale spaventosa condizione che si vive, è naturale che vengano recuperate significative opere che hanno descritto le più famose pandemie del passato, perché “vivere senza letteratura significa perdersi l’occasione di vivere arricchendosi delle lezioni di coloro che hanno percorso questa via prima di noi“. Per citarne alcune: La guerra del Peloponneso dello storiografo greco del V secolo Tucidide, il De rerum natura del poeta latino Lucrezio, Il Decameron di Giovanni Boccaccio, I promessi Sposi di Alessandro Manzoni.

Libri che  narrano i comportamenti degli uomini in un contesto pandemico sempre uguale che si ripete in epoche diverse, propongono elementi di grande utilità, indagano l’animo umano, i motivi di inquietudine e di sofferenza, gli errori, consapevolmente o inconsapevolmente compiuti, perché conosciuti possano essere efficacemente elusi; raccontano che, purtroppo, la menzogna, la prepotenza, l’abuso di potere sono pratiche proprie dell’agire umano e non solo di un’epoca, pertanto insegnano a vigilare perché non accada più, in quanto ciò può sempre accadere e, ahimè, continua ad accadere ancora oggi. Sono quelle opere che, riprendendo quanto Carlo Ginzburg riferisce al Principe del Machiavelli, più le colleghiamo unicamente al loro contesto storico, più continuano a parlarci dell’oggi.

Consideriamo, ad esempio, I promessi sposi di Alessandro Manzoni: romanzo classico della letteratura italiana ed europea, al netto delle molte riserve e dei tanti pregiudizi che, complice un utilizzo discutibile della scuola, lo hanno accompagnato e ancora oggi, purtroppo, lo accompagnano. Soprattutto nei capitoli XII, XXXI, XXXII; XXXIII; XXXIV, descrive una realtà analoga a quella che stiamo sperimentando noi in questo periodo.

Narra, infatti, l’assalto ad un forno da parte della folla angosciata per una temuta prossima scarsità di viveri, la diffusione della peste nella Milano del 1630, la iniziale e colpevole sottovalutazione della epidemia da parte degli uomini di scienza e della popolazione, rimarca la negligenza, i molti e gravi errori  delle autorità che, invece di provvedere al bene comune, hanno trascurato i loro doveri, più interessati a coltivare le proprie ambizioni personali, le proprie carriere politiche, facilitando in parte, in questo modo, la propagazione del morbo, che ha ucciso migliaia di persone.

Ma la Letteratura può anche caricarsi di una responsabilità terapeutica, che nel nostro tempo non guasta, di cura delle tante patologie fisiche e psicologiche – ansiadisperazione, doloreincubiinsonniamorire, pessimismo, tristezza – che da sempre colpiscono gli uomini, e che l’attuale pandemia ha reso ancora più diffuse. Così leggere un romanzo potrebbe rappresentare un valido antidoto offerto dalla Letteratura in tempi di epidemia: “Un po’ di Letteratura che serva a consolarci e a calmarci…è un tesoro inestimabile”.

Lo sostengono Ella Berthoud e Susan Elderkin, convinte sostenitrici della Biblioterapia, nel loro lavoro Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno che si può definire un vero e proprio manuale di medicina. I farmaci, però, che tale manuale prescrive – balsami balzachiani, lacci emostatici tolstoiani, pomate di Saramago – non si trovano in farmacia ma in libreria, in biblioteca oppure sul lettore e-book. Scrive, infatti, nella nota introduttiva, Fabio Stassi: “Farsi contagiare dalla lettura, e andare da un libraio come si va dal farmacista, sarebbe un bel modo di decidere, finalmente, di guarire”.

E poi il libro consiglia I dieci migliori romanzi per tirarsi su, I dieci migliori romanzi per chi è molto tristeI dieci migliori romanzi di evasione, I dieci migliori romanzi da leggere dopo un incubo.

Le varie patologie, nella loro diversità, trovano, tutte, nell’opera una ricetta molto semplice, ma, lo garantiscono le autrici, sicuramente efficace “grazie al potere di distrarre e trasportare della Letteratura“: “un romanzo da leggere a intervalli regolari“. “Alcuni trattamenti porteranno a una completa guarigione. Altri invece…porteranno semplicemente conforto…Ma tutti, alla fine offriranno un temporaneo sollievo dai sintomi“.

da Orizzonte39

 

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