La lezione americana e il disastro Trump

DI EDOARDO BARRA

Quello a cui abbiamo assistito nelle ultime ore negli Stati Uniti è un qualcosa su cui occorre riflettere attentamente e con la dovuta accortezza.

Limitare la questione solo ed esclusivamente alla scelleratezza di un personaggio che molte perplessità ha sempre sollevato (anche all’interno del suo schieramento) è riduttivo.

Qui ci troviamo al cospetto  di un fenomeno molto più ampio e indicativo del malessere che la Società americana cova nel suo intimo e che, a tratti nemmeno troppo diversi, si può riconoscere anche nelle democrazie occidentali di questo periodo.

Il fenomeno Trump è figlio, esso stesso, di una sofferenza del tessuto sociale degli States che ha riconosciuto, nell’outsider della battaglia elettorale che l’ha portato alla presidenza, l’elemento di rottura di un sistema che già mostrava crepe e malcontenti sempre più evidenti.

Non dimentichiamo che gli stessi repubblicani hanno quasi “sopportato” Trump e accettato la sua vittoria presidenziale come il minore dei mali più che un proprio successo.

Ma Trump non è mai stato, né lo sarà mai, un politico attento agli equilibri e alle necessità della nazione nella sua interezza.

Il suo è stato un mandato che ha ulteriormente diviso la società americana, di là dalle ricette politiche ed economiche che voleva determinare la sua amministrazione.

Da questo punto a poco sono valsi i correttivi che il suo entourage cercava, nel tempo, di mettere per dirottare la sua azione verso canoni più adeguati.

Il risultato è stato un Paese ancor più diviso, e Trump un presidente sempre più solo nella determinazione delle sue scelte.

Poi, la sciagurata gestione della pandemia ha fatto il resto spegnendo anche le ultime illusioni di una nuova ripresa.

Il voto a Biden è il risultato di tutto ciò mentre si è sottovalutato il fiuto di Trump che, avendo avvertito il non tanto sottile rischio di perdere le elezioni, ha cominciato dalla primavera scorsa a parlare di brogli e di possibili meccanismi perversi che lo avrebbero condannato alla sconfitta.

Quello che pochi potevano immaginare, per cultura o anche solo per poca abitudine a ragionare su simili fatti, era la reazione scomposta e scellerata del presidente uscente che ha preso ad aizzare la gente incurante che in questo modo feriva in maniera molto seria lo spirito stesso della nazione statunitense.

Le immagini che abbiamo visto sono per l’intero Occidente di una gravità assoluta.

Persino superiori agli attentati storici e alle crisi interne che pure hanno fatto la storia del paese d’oltreoceano.

Sì, perché sono la palese manifestazione della crisi strisciante, ma profonda del moderno sistema democratico.

Una criticità che si manifesta, in questo caso violentemente, quando la gestione della res pubblica non riesce a dar risposte al malessere coperto da un falso benessere e dal tramonto della speranza.

Stiamo arrivando a un punto di rottura dalle conseguenze imprevedibili.

Le democrazie occidentali devono riuscire, adesso, a scrollarsi di dosso i troppi interessi che le stanno trasformando in oligarchie sempre più evidenti; non si può continuare a pensare che chiacchiere e proclami possano bastare a lenire le pene e le difficoltà di una fetta sempre maggiore della popolazione.

Le illusioni che si creano in questi contesti, una volta che crollano producono effetti dai risvolti drammatici.

Oltreoceano è un Trump che non ammette la sconfitta e dà il via a circostanze inimmaginabili per quelle latitudini, in altre parti potrebbero essere altri i motivi per cui il giocattolo democratico si rompe mostrando come molti dei suoi ingranaggi siano arrugginiti o poco funzionali.

E per giunta adesso la pandemia accelera certi processi.

È il momento di una politica vera e senza troppi fronzoli. Occorre che i burocrati, le lobbie, i politici inventati, tornino nel proprio alveo lasciando il passo a quella “scienza del governo” fatta di studio ed esperienza e, soprattutto, rappresentata da persone oneste che sentano il respiro dei marciapiedi e diano risposte concrete ai bisogni della gente.

Senza questo prepariamoci ad una serie di crisi che potrebbero mettere in discussione anni di storia e di progresso.

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