La nonna paterna? Una nonna a metà (con poche eccezioni)

di Chiara Farigu

Essere nonne è un dono meraviglioso che la vita riserva a chi ha avuto la gioia di essere prima mamma.

E’ come diventare madri una seconda volta.

Un grande privilegio soprattutto per chi è nonna materna. A differenza di quella paterna che rimane comunque la nonna di riserva, quella di serie B. Alla quale ricorrere se proprio è necessario e se l’altra, quella di seria A, è indisponibile o sta male. Questo nella stragrande maggioranza dei casi.

Poi, come sempre, ci sono le eccezioni. Che come tali devono essere considerate: fatti straordinari e non comuni. Del resto basta guardarsi attorno e vedere come funziona.

E’ stato così anche per me e per i miei figli. Nonostante ci fosse un mare a segnare le distanze, la “nonna” per i miei figli era mia madre, l’altra era “nonna Maria”.

Un dettaglio non indifferente.

Che racconta un rapporto fatto di complicità, di amore incondizionato, di affinità, che è durato sino alla fine e continua tuttora nei ricordi e nelle richieste d’aiuto nei momenti bui. A lei continuiamo a chiedere protezione, sicuri che in qualche modo  possa intercedere per noi.

E’ stato così per me e per i miei figli. Ma anche per le mie amiche e per loro i figli, per le colleghe di lavoro e per i figli delle mamme dei miei piccoli alunni. La nonna materna è sempre lì pronta a intervenire, a supplire, a preparare, ad accompagnare a destra e a manca, a rassettare e a porre una toppa a qualunque situazione si presenti. E’ sempre lì perché la casa di sua figlia è casa sua. E i suoi figli sono anche figli suoi. E’ un fatto naturale. E’ così e basta.

Ed è così per me con i figli dei miei figli. Con poche piccole variazioni sul tema.

E non c’entra niente tutta quella storia che vede nuore e suocere eterne nemiche. Quella è letteratura. E se prima questa era una semplice constatazione basata su fatti e dati empirici, ora ci pensa anche la scienza a stabilire che sì, la nonna materna è più importante di quella paterna. Almeno secondo una ricerca condotta da Jocelyn Cornwell, promossa dalla rivista di psiconanalisi neofreudiana Ifefromme, e dagli studi di Battistelli & Farneti, sempre per la stessa rivista, le nonne materne sono da sempre quelle preferite per una sorta di “continuità emozionale” che si percepisce nella parte materna della famiglia, vale a dire del rapporto madre e figlia che “naturalmente” di trasmette alla prole. Altro fatto non trascurabile in questa scomoda graduatoria che relega la nonna paterna al 2° posto è anche la modalità di cura che la madre adotta col suo bambino, in perfetta sintonia con quello materno.

Insomma, quando si diventa madri, s’instaura un rapporto simbiotico con la propria mamma, rapporto che il bambino percepisce e fa suo. Naturalmente.

Essere nonne paterne, inutile nasconderlo, per quanto meraviglioso possa essere è emotivamente frustrante. Sebbene a stabilire i ruoli sia una legge di natura. Come pare confermare anche  lo studio di cui sopra.

Suggerimenti per uscire da questo circolo vizioso?  Pochi per la verità: sgomitare più che si può per conquistare la pole position di nonna di serie A (con la quasi certezza di uscirne sonoramente sconfitte); mettere al mondo solo ed esclusivamente figlie femmine (anche questo problemino da niente); sperare che la consuocera (ovvero nonna di serie A per diritto divino) risieda dall’altra parte del mondo.

Altrimenti rassegniamoci ad essere nonne a metà …come me e le tante madri di figli maschi. Adorabili, per carità, ma pur sempre maschi.

*Immagine Chiara Farigu

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche