La solitudine dell’essere umano

DI PINA COLITTA

L’essere umano è solo…

Ma non è fatto per vivere solo: la relazione con gli altri, con l’altro, lo definisce, lo identifica, lo costituisce. L’aspirazione profonda e radicale dell’uomo non è la solitudine ma la relazione …

E’ indubbio che nella nostra cultura, il corpo rappresenta qualcosa di fragile mentre l’anima come qualcosa di superiore perché in qualche modo legata all’intelligenza.

L’essenza della nostra identità è, dunque, essere corpo, un pensiero essenziale per superare quell’antica educazione per la quale il corpo è stato sempre letto come negativo.

Il corpo nella storia di ciascuno è sicuramente il primo strumento di identificazione, sin da quando è nel grembo materno cioè da quando una piccola massa di vita diventa parte del corpo materno che si abitua alla presenza di questo piccolo essere, e lei stessa, come madre, lo accoglie nella sua tenerezza, divenendo strumento di identità.

Dal momento in cui un bambino, nato, è in braccio alla madre, quel bambino esce nella vita e incomincia a guardare il mondo ed esprime con il proprio corpo il suo essere il suo divenire.

E qui che incomincia ad essere corpo anche attraverso quegli stimoli, le carezze, che danno il segno dell’identità del piccolo.

Ognuno conosce la storia della propria infanzia ed i consulenti dovrebbero conoscere la storia dell’infanzia di qualsiasi persona sia giunta in consultorio, nella sofferenza perché non è stata accarezzata, perché il suo corpo è cresciuto male ed è stato rifiutato anche nella colpa.

Se ciò accade ognuno di noi si deve sentire responsabile sia esso genitore, sia esso consulente sia esso parte della società.

Gli stimoli sono importanti per crescere e sono il mezzo per cui ognuno è identità attraverso il corpo ed è proprio attraverso le mani che toccano, lo sguardo che accoglie si da spazio a quelle che sono le “carezze” le quali rappresentano un segno di identità.

Nella storia della Consulenza è facile trovare tra gli utenti numerose persone che sono state private delle carezze; quindi il loro corpo è cresciuto male, a volte rifiutato, a volte colpevolizzato.

Tanti elementi che noi raccogliamo nella nostra storia, che diventano parte della nostra identità, sono copioni familiari che a loro volta derivano da copioni più grandi che sono quelli culturali.

Se l’identità ha luogo nella famiglia è chiara l’importanza di sentirsi accettati, o meglio sentirsi visti o presi per quello che si è.

Essere accettati porta inevitabilmente ad accettare per cui diventa nostra identità avere la capacità di accogliere il prossimo, di usare affettività verso gli altri.

Da qui si può accettare il mondo culturale, posso accettare il modo di essere nella cultura a cui si appartiene con pregi e difetti. Questa identità consente la conoscenza di sé nel profondo, in una parte profonda che è data conoscere solo a noi personalmente, se è nostra nessuno può toglierla o violarla, quella parte sacra si chiama spirito che è l’espressione di massima libertà e indipendenza.

L’uomo di spirito è colui che accetta la situazione, anche la più banale e colui che, fede a parte, riesce ad entrare dentro se stesso e riesce a riconoscere sè stesso nell’altro. Inevitabilmente ciò accade a chi ha incontrato la sofferenza!

Tutto ciò e altro ancora registra un profondo disagio espresso nel quotidiano.

L’adulto di oggi si vive un quotidiano fatto di incertezze, di cambiamenti continui, di precarietà, elementi che vanno a sostituire le stabilità e le certezze di un tempo e lo portano spesso ad ammalarsi quando con la mente non riesce a trovare le soluzioni giuste e a reagire con l’operato a ciò che la vita, spesso complessa, richiede.

Da tempi lontani sappiamo che l’ansietà, la paura, la collera e il senso di colpa provocano dei cambiamenti fisiologici che solo persone perspicaci possono cogliere come le macchine della verità.

Anche i medici dovrebbero poter leggere cambiamenti fisiologici e dovrebbero poter capire quanto quelle quattro emozioni possono provocare conseguenze diverse, dalla semplice indigestione fino ai tumori e alle crisi cardiache.

Queste quattro emozioni non solo possono provocare malattie fisiche ma anche spesso sono alla base delle dieci principali nevrosi descritte dall’Associazione americana di psichiatria, come pure alla base di tanta instabilità emotiva.”

La grande colpa dell’uomo non sono le sue cadute. La grande colpa dell’uomo è che può ricominciare in ogni momento e non lo fa.
(Martin Buber)

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