La spirale dell’essere buoni

DI PINA COLITTA

Quando si è troppo buoni e generosi si entra in una modalità che, ovviamente, è stata strutturata fin dall’infanzia per motivi di sopravvivenza.

Con molta probabilità ciò è nato dalla necessità di dover mettere al primo posto i bisogni degli altri per non essere magari abbandonati o puniti.

Con molta probabilità si è evidenziata una educazione per cui per evitare il conflitto in famiglia, si diventa buoni, conflitto che è stato gestito in un modo che ha fatto soffrire e provare molto dolore.

Quando parliamo di un altruista che viene fuori da una struttura educativa di un certo tipo possiamo entrare nella spirale dell’altruista compulsivo, quello, per intenderci, che è il primo ad offrire il proprio aiuto, in modo indistinto, non valutando le condizioni e le motivazioni che lo spingono a dare aiuto.

In tal caso, apparentemente, l’atteggiamento da crocerossina può essere confuso con l’altruismo in realtà tra le due cose c’è una grandissima differenza.

Intanto la persona altruista è equilibrata e non sacrifica nulla della propria vita, piuttosto utilizza la sua sensibilità, l’empatia per comprendere il dolore degli altri e supportarli nei momenti di bisogno…

Ed è molto chiaro che l’altruista compulsivo lo fa meccanicamente, a volte non manifestando nessun tipo di emozione!

È importante riconoscere la dipendenza da crocerossina e soprattutto scavare sulle motivazioni interiori che portano a questo atteggiamento;
è molto importante perché porterebbe all’autonomia affettiva …
Quando si è troppo buoni e generosi bisogna spesso trovarne le motivazioni nell’infanzia per motivi di sopravvivenza.

Probabilmente un’infanzia in cui, ripeto, per evitare dei conflitti in famiglia, il bambino che assiste passivamente a questi conflitti, per necessità diventa
buono e bravo e cerca di non dare problemi . . .
Dare molto vuol dire creare un contatto profondo con un’altra persona per per farsi regalare un abbraccio, un complimento, un gesto per esprimere il desiderio di avvicinarsi.

Questo può avere anche origine da una paura dell’intimità, che ha sempre costituito una barriera protettiva con l’altro, impedendo di creare un punto d’incontro e di accettare la presenza dell’altro nella propria sfera intima.

Dare continuamente senza ricevere è un modo per contenere, per mantenere il controllo sulle relazioni per evitare di mettersi in gioco nella dinamica relazionale.

Quando faccio riferimento ad un altruismo compulsivo, faccio riferimento anche a quello che può determinare: non riuscire a distinguere se si è disponibili a dare perché mossi da un autentico sentimento di generosità o perché si è prigionieri di una situazione viziosa che ci protegge dalla relazione.

Questo atteggiamento si può anche inquadrare nella paura di ricevere e probabilmente può essere ricondotta ad una situazione passata o dell’infanzia in cui per ottenere un riconoscimento, un complemento bisognava, comunque, conseguire un risultato.

Faccio riferimento al compiacere le persone, perché queste persone possano avere la percezione di ciò che si è, per cui l’unico modo per essere amati è determinato da quello che viene fatto.
Se la motivazione è questa, ovviamente si vive una vita in cui si sente osservati e valutati come se ci fosse sempre un esame da assolvere.

Questa riflessione ci induce a pensare anche ai condizionamenti culturali e religiosi, spesso sono quelli che vanno a dettare la struttura relazionale per cui dare viene considerato un gesto più accettabile che ricevere.

Tale struttura non è difficile da costruire in una società come quella di oggi in cui esiste in assoluto il singolo, che spesso non tiene in conto il contesto sociale di appartenenza proiettato nella autorealizzazione e nell’ottica di ricevere un riconoscimento sempre.

Spesso si dimentica però che all’individualismo si oppone anche un sano narcisismo che vuol dire bene di sé, che vuol dire fare delle cose per il proprio piacere senza calpestare o escludere chi ci sta intorno.

Ovviamente riuscire a creare un’alternanza di dare e ricevere è una maniera matura e consapevole per stabilire una relazione che possa essere sana appagante con qualsiasi individuo.

Come sempre la parolina equilibrio fa da padrone.

Indubbiamente dare è meraviglioso, mette di buonumore aiuta a sentirsi meglio e rende sicuramente la vita più serena. Non mi non mi riferisco alla generosità in senso materiale, ma mi riferisco all’essere generosi in senso sentimentale quando ci si concede emotivamente e si concede il proprio tempo.

Bisogna però educarsi al fatto che la felicità non sta solo nel dare ma anche nel ricevere come diritto.
Il principio è semplice: tutti noi abbiamo bisogno di sapere che ci sono persone che ci amano che ci sostengono e riconoscono i nostri sforzi.

Dando continuamente, senza ricevere nulla in cambio, porta ad una realtà imprescindibile quello di sentire un vuoto enorme un vuoto emotivo.

Non sto parlando ovviamente di “do ut des” cioè di dare solo a chi ci può restituire, secondo un principio aberrante che è quello della manipolazione e del controllo.

Amare è la cosa più bella al mondo semplicemente bisogna trovare un equilibrio personale nel donarsi al prossimo…

“Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare.”

Madre Teresa di Calcutta

Immagine tratta da Pixabay

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