di Andrea Melis
Stesi su un fianco
a fare diga contro la fretta del mondo
io mi faccio viaggiatore silenzioso
della tua schiena.
Lancio i miei occhi all’abbordaggio
di questo rigo sinuoso di pelle candida
che si staglia tra le asprezze del mondo.
Tu sei fiume e insenature da esplorare lentamente.
Con un dito percorro l’ansa della spina dorsale
dritta, elegante come il gambo di un girasole,
armoniosa come la chiave di basso
sul pentagramma della mia mano.
Se fossi un’ape o un pirata lascerei
qui piantato per sempre il mio uncino
così tutti saprebbero che sono morto per te.
Morto per proteggere la schiena di una donna
che ha danzato elegante e materna
per evitare tutti gli obbrobri della vita,
flessa come giunco nelle tempeste
per sfuggire alle piene di bruttezza
e rifuggire le miserabili contese.
Ti ho vista sparire con un inchino
davanti alle peggiori battaglie
e non certo per paura o debolezza:
una donna di petali
non si avventura mai negli uragani.
La tua trincea è il sorriso.
Tu combatti solo guerre
il cui bottino è la bellezza del mondo.
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