DI VANNI CAPOCCIA
Goffredo Fonfi ne “L’oppio dei popoli” edito da Elèuthera (a Perugia reperibile all’Edicola 518) scrive di cultura, di come la intende il potere, di come acriticamente la subiamo.
Un libro che offre tanti e vari spunti di riflessione e d’impegno nel quale un paragrafo è dedicato a quei giovani animati da una forte volontà di “servire”. E che hanno deciso di “dedicare anni della loro vita in quelli che una volta erano considerati i paesi del “Terzo mondo” ad assistere materialmente minoranze, a “condividere conoscenze utili all’autonomia o allo sviluppo di quelle popolazioni”.
Gli dedica il termine capitiniano di “persuasi” indicando tra questi Giulio Regeni “esempio bellissimo, una persona da amare e da piangere”.
Naturalmente non posso sapere se Fofi, il cui libro è precedente alla vicenda di Patrick Zaki, lo avrebbe considerato tra le o i giovani “pronti a subire le conseguenze della loro volontà di perseguire il giusto e il vero e del loro disinteressato amore del prossimo”.
Io sì, penso che tra questi “persuasi” vada considerato anche Patrick Zaki. Giovane egiziano ricercatore all’Università di Bologna impegnato per i diritti umani nel suo paese in particolare di quelli della comunità Lgbt.
Ora Patrick è in carcere in Egitto senza che dopo mesi si sappia il perché. E non solo l’Università di Bologna ma tutte le università italiane ed Europee dovrebbero impegnarsi per la sua libertà, affinché possa tornare ai suoi studi, al suo impegno civile. Al suo fare, come scrive Fofi, lontano dalle sirene del Potere.
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