L’Africa delle paci armate: i casi di Sudan e Libia

DI STEFANIA DE MICHELE

“La gente deve essere rassicurata sul fatto che il governo è in grado di garantire la pace e la sicurezza dei suoi cittadini”, ha dichiarato Gibril Ibrahim, comandante del movimento ribelle ‘Giustizia e Uguaglianza’ (Jem).

La pace armata è stata resa possibile dopo la destituzione del presidente Omar al-Bashīr nell’aprile del 2019: il governo di transizione ha fatto della fine dei conflitti una priorità.
La Corte penale internazionale ha accusato al-Bashīr di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Darfur. L’ex presidente è già stato condannato per corruzione, ed è attualmente sotto processo nella capitale Khartoum per il colpo di stato del 1989, che lo ha portato al potere.

Libia, procedono i negoziati

A piccoli passi, ma la direzione è quella giusta e passa per il Marocco. La pacificazione delle fazioni in Libia non è dunque più così lontana: il dialogo inter-libico, in corso nella località marocchina Bouznika, tra le delegazioni dell’Alto Consiglio di Stato del governo d’accordo nazionale e il Parlamento di Tobruk, comincia a incassare i primi risultati. In particolare, secondo quanto riportano media arabi, le delegazioni hanno trovato un “accordo definitivo “sui criteri per la scelta delle massime cariche dello stato.

La sessione di negoziati è stata decisa dopo l’annuncio dello scorso 21 agosto di un cessate-il-fuoco tra il premier del governo di accordo nazionale, Faeyz al Serraj, ed il presidente della Camera dei Deputati di Tobruk, Aguila Saleh , alleato del generale Khalifa Haftar rivale di Serraj.

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