L’arte al tempo della plastica

DI ANTONIO MARTONE

Non si può far molto! Posti davanti agli innumerevoli schermi che fanno da interfaccia fra noi e il mondo, gli uomini non possono che apparire sempre più isolati, provvisori dal punto di vista identitario e flessibili (oltre che manipolabili) sul piano lavorativo.

Emersa da tempo, pertanto, va sempre più consolidandosi una visione del mondo sostanzialmente indifferente nei confronti dell’umanità (se ci si può ancora esprimere in questo modo in un ambiente culturale ormai ibrido che va verso il post-human) così come siamo stati abituati a pensarla.

In un quadro simile, non abbiamo altre soluzioni che l’arte. Beninteso, non intendo qui l’arte del marketing plastificato e del narcisismo generalizzato, perfettamente funzionali al sistema, ma mi riferisco all’arte che implica scambio e comunicazione vivente fra esperienze, identità, storie personali e collettive.

Poesia, teatro, filosofia possono aiutarci in maniera considerevole a condizione che evochino un mondo dell’umano che appartiene a tutti, pur essendo nato nel calore d’una sola vita.

L’arte soltanto può compiere il miracolo: creare comunità laddove vi è soltanto fruizione passiva di spettacoli preconfezionati, sterili, asettici e ancor sempre servi d’un sistema che ci opprime fingendo di liberarci.

Immagine tratta da Pixabay

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