Da che cosa dipende l’inquietudine tipicamente moderna che ha messo capo alla volontà di trasformazione del mondo?
L’ambizione fondamentale nata nella visione del mondo moderna, parliamo della svolta che si è prodotta in Europa fra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, infatti, si ripropone di riprodurre l’esistente a partire dalla propria volontà di potenza ed è proprio tale volontà ad essere posta a fondamento del suo agire.
Per rispondere a questa domanda, occorre anzitutto dire che l’uomo moderno scopre di non essere più ciò che era rimasto per secoli , ossia l’abitante di un pianeta posto al centro dell’universo.
L’uomo moderno apprende dalla scienza d’essere nato su un pianeta periferico del cosmo, collocato sotto un cielo vastissimo e dunque vuoto.
Si può immaginare facilmente quanto questo passaggio abbia inciso sull’antropologia umana, in che misura cioè essa sia stata costretta ad elaborare un problema nuovo, de-centrante, spaesante, profondamente imbevuto d’angoscia.
Il passaggio dal geocentrismo all’eliocentrismo non va mai sottovalutato quando si parla della transizione fra premoderno e moderno.
Così come occorre non sottovalutare che l’attivismo capitalistico-industriale, e parallelamente tecno-militare, ha una radice saldissima conficcata nell’angoscia. Per sfuggire all’angoscia, l’uomo violenta la natura e muove guerra all’altro.
Per superare l’angoscia, pertanto, l’uomo ne crea di nuove – nuove paure, magari di sapore apocalittico, attanagliano il mondo in un circolo vizioso che va assolutamente spezzato.
Immagine tratta da Pixabay
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