Leggo il mondo come i bambini

DI MARIAESTER GRAZIANO

Leggo il mondo come i bambini col dito minuscolo, rigido sotto ogni lettera. Diventa quasi cianotico nel primo sforzo alla lettura. Sembra che tengano il mondo con un dito. Quando entri nel simbolo, nel sacro mistero del significato, un po’ il mondo diventa tuo.

Leggo il mondo con quella ostinazione, con un analfabetismo latteo tra l’odore di gesso e quello di farina.
Nelle primo mondo delle lettere io ero come la forchetta di nonno. Aveva i rebbi divaricati per prendere più maccheroni possibili in un boccone che fosse all’altezza del suo appetito. Io ero così: dilatata, capiente. Unica. Chiunque avrebbe voluto essere come la forchetta di nonno.

Mi bastava il niente per farmi festa. Anche una forchetta. Ora mi subordino all’inciucio con la data fissa, all’alibi di un rosso sul calendario per un tana libera tutti, per poi sapere già, in fondo, che nel gioco del nascondino a me è sempre piaciuto contare. Solo quello.

Contare fino a 10, lentamente. La magia di chiudere gli occhi e 1,2,3…neppure baravo. Lentamente fino a 10 poi mi voltavo. Guardavo gli amici ammucchiati nei loro respiri trattenuti. Non li stanavo. Avevo il controllo del silenzio e dei loro respiri. Il gioco finiva per un tana libera tutti in un fracasso di ossigeno sputato. Un po’ mi deridevano ma io intanto contavo e già al sette…silenzio.

Mamma mi guardava con l’ironica dolcezza di chi sa giocarsi la partita della gioia irridendo il dolore. Le fiotta ancora negli occhi quell’emozione lì ma non riesce a trattenerla a lungo e le cade pesante sul pavimento come una biglia di vetro trasparente.

“Raccoglimi” sembra dirmi ma io non ho il coraggio dei bambini di giocarsi dovunque, comunque. Sia pure di domenica.

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