L’estate sta finendo

di Andrea Melis

L’estate sta finendo.

A fine estate se ne andranno tutti a quanto pare.
Una coppia di amici si trasferirà a vivere a Torino
E un’altra in Libano
e un’altra amica andrà a Londra
dopo quella partita a Berlino
e qualcun altro tornerà a Parigi
e tanti porteranno con sé anche i loro figli neonati
e i soliti riprenderanno la via della Spagna
e qualcuno nuovo si aggiungerà
perché ha deciso che molla tutto e va via
in Portogallo,
a New York
in Argentina,
in Australia.
Ma a volte basta meno
per dimostrare quanto questa terra antica
di origine vulcanica
avrebbe bisogno di una bella eruzione
che stappi il tappo di poltrone, prebende, camarille,

mafie, mattone, massonerie, medicina, giornalisti,

arroccati, accozzati, appesi, ereditieri, possidenti,

cognomi ingombranti come lacci emostatici,
ordini professionali a ingresso ereditario,
bandi pubblici a nodo scorsoio,
si a volte basta tanto meno
anche solo Roma o Milano,
purché lontano.

A forma di culo doveva farci Dio
non di piede.
Perché se vuoi vivere qui è quello che ti tocca fare:

scendere dall’aereo e inginocchiarti subito
a baciare la chiappa giusta.

Terra di perle ai porci, di orizzonti irraggiungibili,

di ovvietà negate, di stupidità granitiche, di piaghe intoccabili.

Resteremo io e i fenicotteri e pochi altri sognatori
a cantare sottovoce
per un altro lungo inverno da cicale
sotto al tavolo imbandito
in attesa delle briciole.

E sarà segno inequivocabile che l’estate è finita
anche se non piove
ed il mare è ancora caldo
del calore dei corpi di chi è partito lontano.

(Per mio fratello che ogni anno riparte, per la mia terra isola a forma di piede, per tutto il sud a forma di stivale, un destino di migranti mai riscattato.)

 

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