L’età magica

DI DANTE IAGROSSI

Escludendo quelli che vivono in condizioni difficili e precarie, tra guerre, carestie e fame, l’infanzia per i bambini è l’età delle grandi meraviglie e scoperte, davanti allo spettacolo della Natura. La bellezza dei fiori, i loro colori e profumi, il sapore fragrante della frutta matura, il canto dei grilli, il luccichio intermittente delle lucciole nelle sere di maggio, i misteri delle stelle…

Tutti fenomeni che concorrono ad un senso di stupore suggestivo ed intenso. Purtroppo la Natura di oggi in molti casi non è più quella di una volta, di tanti anni fa, quando non c’erano colline sventrate per estrazioni, le campagne e le foreste erano in gran parte incontaminate, e via dicendo.

Inoltre oggi i ragazzi che vivono nelle grandi città, se non attraverso foto, non hanno mai visto una mucca o un coniglio da vicino, non hanno mai ammirato un campo di grano trapunto di papaveri, non si sono mai arrampicati su un piccolo albero, né vissuto la gioia di cogliere ciliegie.

Allora, molto più di adesso, i piccoli ascoltavano con attenzione le fiabe raccontate dai nonni in stanze senza la Tv, presso un caminetto scoppiettante, popolate da principi azzurri su cavalli bianchi e principesse svegliate da un loro bacio, da lupi famelici nei boschi, da fanciulle molto belle, ma dileggiate ed obbligate a duri lavori, ecc.

E per loro tutte queste storie erano reali, come sogni avverati, in posti non lontani.
Purtroppo questo periodo straordinario, unico ed irrepetibile, tende a ridursi sempre di più, per l’attaccamento continuo a Pc e cellulari, per il tempo eccessivo dedicato ai videogiochi, di cui una buona parte sono piuttosto violenti e fuorvianti.

Nel complesso io e quelli della mia generazione post guerra siamo stati forse abbastanza fortunati non avendo usufruito del lato negativo dei nuovi strumenti tecnologici.
In particolare, per me, che abitavo in paese, sono state davvero straordinarie ed appaganti le ore passate in campagna da mio cugino, che ho descritto in questa poesia.

Ricordo con piacere e nostalgia un breve sentiero, orlato di gelsomini profumati, che dalla casa portava ad un pozzo di acqua freschissima: tutt’attorno un bellissimo campo di grano, coltivato con pazienza ed energia da mio zio e sua moglie. Un mondo contadino fatto di fatica e sacrifici, per strappare dalla terra frutti genuini, che tende a scomparire, ma che per fortuna, almeno in parte, sopravvive ancora, nelle campagne di piccoli paesi come il mio.

Allora esisteva una maggiore solidarietà tra vicini e forse le unioni familiari erano più solide di oggi, con una maggiore fede e pratica religiosa (come le recite di rosario al tramonto, tutti insieme).

IL SENTIERO DEI GELSOMINI
Cielo terso del mattino, vento tiepido
sull’erba fresca dei campi assolati…
Correvamo lungo il sentiero profumato
dei gelsomini e poi si saltavano i fossati,
a cogliere le more succose dalle siepi.
Nell’aria s’intrecciavano traiettorie serene
di colombe, mentre farfalle variopinte
volavano da un fiore all’altro
per succhiare nettare squisito…
Le spighe dorate erano gonfie,
le colline verdi trapunte di cisti rosa.
Ci arrampicavamo tra i rami
a rubare la pera più matura, e intanto
all’ombra delle querce iniziava
il concerto gioioso delle cicale…
La nonna di sera con voce severa
raccontava di streghe cattive,
su vecchie scope coperte di fuliggine,
che venivano a prendersi i bambini
capricciosi, senza voglia di dormire…
E noi, per paura del buio, rubavamo
lucciole nel giardino, tenendole
sotto i bicchieri, e ci sembrava
fossero frammenti di stelle cadute.

Foto da Pixabay
Poesia vincitrice di un premio speciale al Concorso “LA TORRE” di Ruviano (Ce)

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