DI ANDREA MELIS
L’uomo in questa fotografia non è un povero, né un mendicante, né un vagabondo. Questo uomo è Lev Tolstoj: uno dei giganti della letteratura russa, conosciuto in tutto il mondo, ma pochi conoscono la straordinaria storia dietro questa foto.
A cinquant’anni, Tolstoj cadde in una profonda depressione. La sua tristezza aumentava di giorno in giorno, senza una ragione apparente. Tolstoj era un conte, uno degli uomini più ricchi del suo paese, famoso in tutto il mondo. Eppure, era infelice. «Il denaro non era niente, il potere non era niente. Si vedevano persone che avevano entrambi ed erano infelici. Anche la salute non contava molto; c’erano persone malate piene di voglia di vivere e persone sane che appassivano, angosciate dalla paura di soffrire».
Un giorno, passeggiando per il viale Afanasevsky, vide un orfano e, mosso dalla compassione, lo portò a casa sua. E per la prima volta da tanto tempo, si sentì bene. Si dimenticò di sé stesso, dei suoi problemi, della sua tristezza. Da quel momento, Tolstoj rinunciò ai suoi abiti da gentiluomo, ai suoi lussi e privilegi, e iniziò a condurre una vita semplice, donando ciò che possedeva ai bisognosi.
«Non parlarmi di religione, di carità, di amore», diceva spesso, «ma mostrami la religione nelle tue azioni». Tolstoj fu anche il primo teorico della non violenza, predicava la fraternità tra i popoli e le sue idee ispirarono un’altra grande figura del XX secolo, Mahatma Gandhi. Fino al giorno della sua morte continuò ad aiutare gli altri, e per questo molti lo consideravano pazzo.
In un mondo in cui conta solo il possedere, l’avere cose e persino persone, dove tutti vogliono prendere ma nessuno sa dare, Tolstoj sembrava un folle.
Un giorno, un suo vecchio amico, che al contrario di Tolstoj viveva nel lusso e nella comodità, gli disse: «Che senso ha fare tutto questo? Che ti importano gli altri? Dovresti pensare a te stesso». Al che Tolstoj rispose: «Se senti dolore, sei vivo, ma se senti il dolore degli altri, sei umano».
Immagine tratta dal web
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