Libri-Giorgio Biancacci, la narrazione storica nel libro:«Tabula Rachiulfi»

DI FRANCESCO FRAVOLINI

 

È un racconto storico quello contenuto nel libro Tabula Rachiulfi di Giorgio Biancacci, in grado di coinvolgere i lettori, al fine di conoscere alcuni passaggi storici fondamentali, a beneficio della nostra cultura.

La storia immaginaria che narra le vicende dei due protagonisti, Celso e Rachiulf, s’intreccia con quella reale della contesa durata quattro anni, dal 489 al 493, tra il reggente d’Italia Odoacre e il pretendente Teodorico, una lotta estenuante per il possesso dell’ultimo pezzo ancora disponibile dell’Impero romano d’occidente.

Celso, un ragazzo diciassettenne, vive da pastore sbandato nella provincia del Norico, passata in mano ai barbari; casualmente s’imbatte in uno di loro, Rachiulf, in lite e in fuga dal suo stesso mondo: il Goto, benché confusamente, ne soffre i limiti dell’ignoranza al confronto con quello romano, dotato di altri tesori per lui affascinanti, come la scrittura, che percepisce di valore uguale, se non addirittura superiore alle altre ricchezze, delle quali peraltro è avido come i suoi simili.

Entrambi sono mossi dalla ricerca di quella Fortuna, che per molti in quel periodo di travaglio dell’Impero d’occidente ha il nome di Italia. L’eremita Pulviseris fornisce l’occasione di accomunarli nel viaggio: li prega di portare a Odoacre, suo amico in gioventù, la reliquia di un confratello di quel Severino di beata memoria, tenuto dal re in grande onore per avergli personalmente predetto il destino.

In cammino il Goto è inseguito dalla vendetta per certi suoi recenti trascorsi nella tribù, mentre Celso si lascia alle spalle un vecchio compagno, Vidane, e un acerbo amore, Swintha, nell’incertezza della sorte dell’amata tra i barbari.

La ritrovano a viaggio inoltrato, quando sta per essere impalmata da Riotmaro, un notabile senza scrupoli, alla cui tutela era stata semplicemente affidata per scampare alla schiavitù; il preteso duello, che dovrebbe deciderne la sorte, risulta invece per lei fatale. Il viaggio di attraversamento delle Alpi, sebbene pieno di pericoli, diventa occasione per Rachiulf di apprendere i primi rudimenti della scrittura, da cui è irresistibilmente attratto, grazie alla disponibilità di Celso, che a sua volta ottiene di fare pratica delle armi da quel maestro eccezionale; termina a Verona al cospetto di Odoacre, che trovano già in assetto di guerra per la mutata situazione, poiché Teodorico ha varcato in forze i confini del regno.

Rachiulf, che già segretamente contava nell’incontro per mettersi in luce come valido guerriero, sul momento fiuta l’aria che tira, accetta giocoforza l’onere e l’onore di condurre la tribù di provenienza a ingrossare i ranghi dell’esercito di Odoacre, ma poi matura la scelta di tradire per Teodorico, avvantaggiato dalle pretese credenziali imperiali che quello vanta.

Con Giorgio Biancacci, ex bancario, studioso e ricercatore di storia barbarica e di cronologia antica, vogliamo comprendere l’importanza del romanzo storico.
Perché un romanzo storico?
«Lo studio approfondito dell’età romano-barbarica, alla ricerca della fatidica cesura (il 476 nostrano è solo vagamente indicativo), cioè se e come venne avvertita, ha fatto sì che per passione provassi a rappresentarne una panoramica, che risultasse, nelle intenzioni narrative, allo stesso modo appassionante per altri, imperniata come espediente storico nelle vicende della lotta per il potere tra Teodorico e Odoacre, ma intessuta nelle vite di persone comuni oltre che nelle loro».

Quale messaggio vuoi lanciare con questo libro?
«La trasformazione del barbaro ignorante, catturato dal messaggio di fede e civiltà, prevale sulla delusione, invece, del giovane romano, circa l’impossibilità di mantenere vivo l’ideale del potere di Roma».

Immagine tratta dal web

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