Libri- ‘Solo è il coraggio’, di Roberto Saviano. Come spezzare la solitudine del simbolo

di Gianfranco Ricci (psicologo)

SOLO E’ IL CORAGGIO
Come spezzare la solitudine del simbolo.
Perché la scelta di scrivere un romanzo, invece che un classico saggio, per raccontare la storia di un uomo realmente esistito? Mancano per caso documenti, fonti, testimonianze?

Nel Novecento ha fatto scalpore la biografia di Alain Boureau sul famoso storico tedesco Ernst Kantorowicz (Kantorowicz, le storie di una storia). In questo libro, dal metodo discutibile, Boureau utilizzava le storie di altri combattenti per cercare di capire cosa poteva aver pensato e vissuto il Kantorowicz durante gli anni della guerra civile in Germania dopo il primo conflitto mondiale.
La storia di altri combattenti per capire la storia di uno di loro.
Il problema per Boureau era l’assenza di fonti: della vita privata di Kantorowicz non si sa quasi nulla!
Per Falcone la situazione è molto diversa.
E allora perché un romanzo per raccontarne la vita?
Per combattere la dimensione inavvicinabile del simbolo: dalla sua morte, Falcone è un simbolo.
Di coraggio, onestà e abnegazione.
Tanto attaccato da vivo quanto osannato da scomparso.
La scelta del romanza assolve il fondamentale compito di rendere di nuovo vivo Falcone: è così possibile, seppur in una finzione molto documentata, coglierne il pensiero, le emozioni, i dubbi e le incertezze, i dolori e le gioie.
Da simbolo inarrivabile Falcone torna un essere umano.
E questo ha il fondamentale effetto psicologico di renderlo vicino a ciascun lettore: da eroe unico a uno di noi.
È sorprendente: da storia distante, inarrivabile, quasi mitica, la storia di Falcone si presenta davanti ai nostri occhi, imponendoci un terribile interrogativo: cosa avremmo fatto noi?
E ancora di più: cosa stiamo facendo? Stiamo facendo la nostra parte?
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