L’incudine fra troppi martelli

DI MARCO ZUANETTI

Questa è la società dello spettacolo; non è un buono spettacolo. Immaginare, quindi, una socialità differente da quella nella quale siamo stati “educati”, preparati, concepiti?

Abbandonare il paradigma imperante per inventarne uno totalmente nuovo?
“Abbiamo paura di non essere sufficientemente allineati, obbedienti, servili, e venire scomunicati attraverso l’esilio morale con cui le democrazie deboli e pigre ricattano il cittadino”. Cfr. Oriana Fallaci

Paura di essere liberi, insomma.
Di prendere rischi, di avere coraggio ?
Collettivo sociale ? Entropia. Disordine collettivo.
Abbiamo edificato società basate unicamente sull’accettazione involontaria (passiva e abitudinaria) del patto sociale dato – all’interno di una cornice ideologica (neoliberale) considerata naturale e non, come è nei fatti, ideologica.

Non riusciamo a immaginare noi stessi fuori da un simile patto sociale, ovvero indipendenti da un’idea del lavoro simile ad un infeudante servaggio, però salariato. Non riusciamo a immaginare noi stessi liberi dall’ossessione del possesso privato di mezzi che, altrimenti, potremmo socializzare e condividere.

Non riusciamo a immaginare noi stessi capaci di emancipazione nel campo delle relazioni interpersonali – da intendersi quali liberi patti affettivi e non quali manifestazioni della utilità produttiva -. Cfr. Okrisis

Questa è la società dello spettacolo; non è un buono spettacolo.
Se il problema fosse immaginare una socialità differente da quella nella quale siamo stati “educati”, preparati, concepiti?
È pensabile una società differente dalla nostra?
Se dovessimo abbandonare il paradigma imperante per inventarne uno totalmente nuovo?
Quanto talento è perso, come energia inespressa e come energia dispersa, nella nostra società dei consumi?

La misura della perdita di intelligenze, attitudini, volontà, creatività e capacità (di tutte quelle doti che, con lessico improntato a calcolo e al pericoloso atteggiamento contabile, qualcuno si ostina ancora a chiamare “capitale umano”); la perdita di tali attitudini umane è spreco di risorse, violazione dei diritti individuali, violenza all’ecologia planetaria.
Sottrazione.

Ecco una operazione degna di nota. Sottrarsi all’imperio della produttività e dell’Utile. Cfr. Giovanni Bongo
‘Cos’è l’utile?
Inutile fu considerato, per secoli, il calcolo di Aristarco di Samo (310 a.C. – 230 a.C.) – fino al giorno in cui trovò conferma.
Giordano Bruno, Copernico, Galileo Galilei, Keplero: essi diedero dignità all’idea, remota e perduta, di una terra in viaggio attorno al sole; permettendoci, per uno strano effetto di fertilità dell’inutile, di arrivare a lanciare satelliti e usare palmari.

L’utile è, dunque, l’inutile fatto per passione.
Altrimenti è calcolo ottuso, la cui inutilità finale è scritta nei suoi fini senza scopo’.

Dove andiamo” si legge in Kerouac, “non lo so dobbiamo andare”. “Anche dall’altra parte della vita” scrive Céline.
Come bambini che, per scoprire, guardano gli oggetti, anche da dietro, anche dall’altra parte .

 

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