L’inverno poetico

DI ANDREA MELIS

Bisogna sentirle le cose
per capire.
Ci sono saperi
immensi
che non sono mai stati
nei recinti delle parole.
Di nessuna lingua.
Ora che poi sono arrivati i lupi
a sbranare in branco il senso
lasciato indifeso dalla ragione
ora che i mercenari
senza patria letteraria
né onore
irrompono a torturare i significanti,
ora che i terroristi alla morsa finale
sono al corpo a corpo con la verità
e non temono più di strangolare a mani nude
ogni parola di giustizia e libertà
allora la guerra
è arrivata in bocca anche ai poeti
nella perquisizione dei loro sensi
Arrivano per disarmare
i narratori
e non c’è altra resistenza
della lingua
del sentire,
per capire.
Che fu la lingua dei padri
prima della parola,
il sentire.

L’Armaggeddon
di un parolaio
è sostenere il peso enorme
del dolore del mondo
senza poter più contare su un balbettio,
dicendo con lo squasso del petto
che piange.
Nudo di parole.
Senza più un tetto di sentimenti in comune
sotto cui raccogliersi.

I poeti a cielo aperto
torneranno alberi.
Gli alberi fanno della morte
ossigeno
gli uomini
del dolore
comprensione.
E i poeti
superato l’inverno della comprensione
faranno di tutto quanto il dolore
nuove parole d’amore.

(Andrea Melis Parolaio)

Immagine tratta da Pixabay

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