L’involuzione del dito puntato

DI MARIAESTER GRAZIANO

Io credo solo nel bianco del latte di nonno, munto nelle albe color assenzio assopite ancora dalla luna. Albe odor di fieno e pane cotto. Un bianco vero, forte. Prendeva alla gola. Era il succo pieno degli umori materni.

Nutrirsi di quel bianco era un ricongiungersi alla vita primaria. Un patto di fiducia. Sorbivo dal mestolo di nonno il liquido corposo che mi giocava la burla di due baffi bianchi.

Vedi come ci si invecchia di colpo?, mi diceva nonno ridendo. Sorrideva da uomo e io sentivo l’importanza del gesto che ti aggiunge l’età, che ti fa sentire alla pari con un’antichità ancora da farsi. I bambini srotolano il passato nel futuro.

Il bianco del latte di nonno e la saggezza canuta dei vecchi io la capisco. Capisco l’evoluzione dell’origine. Il cerchio completo. Il rito del passaggio a ritroso, per riavvolgimento. Per questo il ricordo degli anziani si fa sempre più a ritroso negli anni, per ricongiungersi all’infanzia. I vecchi e i bambini si sanno.

Si contano i cerchi negli occhi e si riconoscono l’età degli alberi e dell’antichità. Ma è tutto il bianco del mentre che non capisco. L’ostinato bianco di copertina come fluoro sui denti.

Un bianco di superficie, non consumato, contraffazione di sporco. È truffa. È una mano di soli indici. L’involuzione verso il giudizio del dito puntato.

Immagine tratta da Pixabay

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