La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo d’arrestare, di fissare in forme stabili e determinate, dentro e fuori di noi, perché noi già siamo forme fissate, forme che si muovono in mezzo ad alter immobili, e che però possono seguire il flusso della vita, fino a che, irrigidendosi man mano, il movimento, già a poco a poco rallentato, non cessi.
Le forme, in cui cerchiamo d’arrestare, di fissare in noi questo flusso continuo, sono i concetti, sono gli ideali a cui vorremo serbarci coerenti, tutte le finzioni che ci creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo a stabilirci.
Ma dentro noi stessi, in ciò che noi chiamiamo anima, il flusso continua, indistinto, sotto gli argini, oltre i limiti che noi imponiamo, componendo una coscienza, costruendoci una personalità.
In certi momenti tempestosi, investite dal flusso, tutte quelle nostre forme fittizie crollano miseramente; e anche quello che non scorre sotto gli argini e oltre i limiti, ma che si scopre in noi distinto e che noi abbiamo con cura incanalato nei nostril affetti, nei doveri che ci siamo imposti, nelle abitudini che ci siamo tracciate, in certi momenti di piena straripa sconvolge tutto.
Luigi Pirandello è nato ad Agrigento il 28 giugno 1867, ed è morto il 10 dicembre 1936. È stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934.
Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l’innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo.
Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi in italiano e in dialetto siciliano, e circa quaranta drammi, l’ultimo dei quali incomplete “I giganti della montagna”.
ANDANDO…
A ciò che addietro nell’andar ti lasci
non badi ancora, poi che ti concede
di guardar oltre il tempo e innanzi fasci
di speranze t’accende, a cui tu miri.
Vai, cosí rischiarato, ove d’un sogno
la tentatrice immagine t’attiri
o lo sprone ti spinga d’un bisogno,
e non ti senti la catena al piede.
Nulla intanto hai davanti: un’ombra vana,
un inganno mutevole, una meta
che quanto più t’accosti, s’allontana.
Ma non ancor per te scoccata è l’ora
di volgerti a guardar dietro, nel breve
cammin percorso, e innanzi si colora
l’avvenir tanto più quanto più lieve
è il passato che ancor non t’inquieta.
Pur verrà giorno che ti sentirai
cosi forte chiamar dietro le spalle
donde non puoi far più ritorno mai,
che per te diverrà fievole, muto
ciò che innanzi t’invita, e da te stesso
a guardar ti porrai quanto hai perduto.
Le rose che ti risero da presso
e non curasti, ecco or lontane e gialle.
E con le terga ormai verso il futuro
e gli occhi assorti nel cammin percorso
andrai, men lieto quanto più sicuro,
riallacciando ognor più da lontano
le fila che correndo avrai lasciate
sospese, fino a che non apra il piano
d’improvviso una fossa alle gravate
membra, e insieme al rimpianto od al rimorso.
Immagine tratta dal web
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