L’uomo cambi per salvare se stesso

DI FABIO BORLENGHI

 

Era una fredda sera di marzo e ad Aalborg, Danimarca, nevischiava quando io e il mio collega di lavoro uscimmo dal ristorante per fare due passi prima di rientrare in albergo. Erano circa le ventitré quando vedemmo una ragazza in jeans e giubbotto uscire da un portone di una casa per poi dirigersi verso una bicicletta addossata a un palo ai bordi della strada. Dalla borsetta estrasse un oggetto che da subito non capimmo cosa fosse ma che a breve si rivelò in tutta la sua semplice funzionalità allorché la ragazza se lo applicò alla nuca sopra i capelli facendo partire un segnale rosso intermittente, a mo’ di faretto.

Montata velocemente sul sellino della bici la giovane vichinga guadagnò la strada con pedalate vigorose scomparendo nel buio sotto il nevischio e lasciandosi alle spalle il segnale rosso intermittente quasi a volerci salutare e allo stesso tempo insegnarci molte cose..
Sono passati quasi vent’anni da allora ma quella lucetta rossa che si perde nel buio della notte del nord europa non la dimentico.
Questo simpatico ricordo mi ha convinto a tornare di nuovo sull’argomento “salviamo il pianeta”, tema d’attualità, o meglio di moda.
Si è ormai chiusa a Glasgow la non brillante kermesse della cop26 sul clima, sconcertante passerella di politici e lobbysti green, nonché terreno di protesta di giovani generazioni che hanno mille ragioni di essere incazzati, non riuscendo però a mettere bene a fuoco il problema, concentrandosi troppo sull’effetto del disastro, la CO2, e non sulla causa.

Che significa?
Vuol dire che la formula tanto sbandierata di ‘salvare il pianeta’ andrebbe riformulata in ‘l’uomo cambi per salvare se stesso’ poiché il pianeta sopravvivrà indipendentemente dalle sorti del genere umano.
E questo cosa cambia?
Il cambiamento concettuale sta nello spostamento del focus del problema verso l’uomo e il suo stile di vita in quanto specie vivente depositaria, in gran parte del mondo soprattutto occidentale, di abitudini fortemente e negativamente energivore che poco hanno a che fare con la sua sostenibilità sulla terra.
In primissimo piano andrebbe messo il risparmio energetico che non significa tornare alle candele per illuminare le case ma pensare a un piano epocale di demolizione dei consumi energetici a partire dalla mobilità cittadina nella quale si dovrebbe azzerare la circolazione di auto private a favore di mezzi pubblici efficienti e non inquinanti.

Le auto elettriche in città non sono la soluzione giusta ma zero auto in città lo è.
Stessa cosa per quanto riguarda l’energia spesa per riscaldare d’inverno e rinfrescare d’estate le nostre case. Troppo lento e parziale, nel nostro paese, è il processo d’isolamento termico degli edifici aggravato da burocrazia e bonus a termine che la dicono lunga sulla volontà concreta di fare svolte concrete a riguardo.
Le città andrebbero poi invase da alberature in tutte le strade e le piazze. Ho sentito delle migliaia di miliardi di alberi da piantumare nel mondo: alla buonora! I soloni del clima hanno scoperto l’acqua calda dopo decenni di previsioni apocalittiche sul livello di CO2 quasi non si sapesse che l’anidride carbonica è fissata dal mondo vegetale nella fotosintesi clorofilliana (in presenza di clorofilla vegetale: acqua + anidride carbonica + energia solare = glucosio + ossigeno libero). Inoltre gli alberi agiscono sul microclima circostante e d’estate una casa immersa nel verde necessita di meno energia per essere rinfrescata.

Tuttavia questi esempi di ‘buoni’ criteri non arricchiscono granché le lobby green e non attirano i giganteschi fondi d’investimento che si nutrono d’impianti industriali da costruire dappertutto (eolico e fotovoltaico in testa) e così vanno le cose nei nostri brutti tempi.
E’ da ingenui o ipocriti, dipende da chi si è.., ritenere che la sola tecnologia possa risolvere il problema climatico. Tutto passa attraverso i nostri comportamenti: più energia consumiamo e più siamo nella m….elma.
Speriamo che iniziative come la cop26 non abbiano più seguito e che possano essere sostituite da programmi concreti dei singoli paesi con evidenza annuale delle azioni realizzate, e non annunciate, in contesto ONU.
Immaginare e volere un futuro migliore guardando lontano sarebbe il prerequisito per fare cose giuste, ma la politica dei nostri giorni non ha la statura e la volontà per incidere positivamente sulla qualità della vita di tutti noi, essendo quasi tutta protesa a favorire i tanti assalti lobbystici alla diligenza del clima.

Non volendo cedere troppo al pessimismo, auguriamo alle future generazioni l’avvento di un modello di società non più dipendente dal pil, con città immerse in migliaia di miliardi di alberi veri e di sera rallegrate da migliaia di faretti rossi intermittenti…

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