Ma chi sono poi questi animali?

DI MARINA CIANCONI

(Biologa)

 

“Only if we understand can we care.
Only if we care will we help.
Only if we help shall they be saved.”
(“Solo se comprendiamo possiamo prenderci cura.
Solo se ci prendiamo cura aiuteremo.
Solo se aiutiamo saranno salvi.”)
Jane Goodall

Un rapporto complesso e difficile quello tra animali e uomo che rappresenta però perfettamente l’Uomo nelle sue due facce, quella empatica e quella sanguinaria. Di fatto l’Uomo è un animale: specie Homo sapiens, appartiene al Regno Animale, ai Cordati, Vertebrati, Ordine dei Primati, Famiglia degli Ominidi.

Lo Scimpanzè (specie: Pan troglodytes) appartiene al Regno Animale, ai Cordati, Vertebrati, Ordine dei Primati, Famiglia degli Ominidi. Uguali fin qui. Il sequenziamento dei genomi dell’uomo e delle scimmie antropomorfe ci ha chiaramente mostrato quanto siamo davvero vicini. In ordine temporale l’ultimo sequenziamento è stato quello del Gorilla che attualmente ha due specie presenti sul pianeta: Gorilla gorilla e Gorilla beringei con due sottospecie ciascuna.

A differenza di quanto si pensasse prima anche i Gorilla sono molto vicini a noi. Il loro DNA e il nostro è condiviso per circa il 98%. Gli Scimpanzé e i Bonobo (genere Pan) invece quasi ci raggiungono con un approssimativo 99%. Gli Oranghi (genere Pongo) sono poco lontani con all’incirca il 97%. Le percentuali di cui sopra indicano chiaramente la comune linea evolutiva tra noi e le scimmie antropomorfe, ossia quelli che noi da sempre chiamiamo “animali” quasi a situarli in un altro luogo materiale e mentale diverso dal nostro. Le minime differenze genetiche che ci separano sono sì importanti per la nostra evoluzione, però parlano chiaro perché prevale nettamente la comunanza di geni tra loro e noi. Quindi biologicamente parlando noi siamo un “continuum” con loro.

Noi siamo come loro. Noi siamo Animali. Quando Charles Darwin nel 1871 pubblicò il suo volume “L’origine dell’Uomo e la selezione sessuale” (C. Darwin, The Descent of Man, and Selection in Relation to Sex, 1871) venne strenuamente criticato e anche deriso per le sue convinzioni di una discendenza evolutiva tra le scimmie e l’uomo; qualcuno ricorderà la famosa immagine di Darwin con il corpo di una scimmia.

Eppure se oggi Charles Darwin fosse vivo, di fronte all’innegabile prova del DNA, forse riderebbe delle irreali credenze che permeavano la scienza nella seconda metà del 1800, quasi totalmente abnegata al creazionismo. Ricordo che quando Darwin ebbe l’intuizione della teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale e dell’origine dell’uomo, ancora non erano conosciute le scoperte di Gregor Mendel sui caratteri ereditari delle piante. Oggi sappiamo che questi due importanti scienziati hanno lavorato parallelamente su due facce della stessa medaglia: la teoria di come gli esseri viventi si evolvono e di come lo fanno in pratica attraverso i geni.

E i geni, negli animali come nelle piante, si trovano nel DNA che a sua volta si trova all’interno della cellula. Noi, come loro, siamo una complessa organizzazione di cellule diverse, differenziate a seconda della funzione nell’organismo. Ecco un’altra cosa, che non è proprio una cosetta, che ci accomuna.

Queste caratteristiche comuni sono importanti perché oggi più che mai, sotto la pressione di condizioni climatiche planetarie che stanno mutando rapidamente e non a nostro favore, diviene necessario allenarci mentalmente a sentirci parte del Sistema Vita (consentitemi di chiamarlo tale) di questo pianeta alla stessa stregua degli altri esseri viventi accanto a noi e non, erroneamente, al di sopra di esso. È un nostro inguaribile e per certi versi fuorviante difetto l’ostinazione a “misurare” gli altri esseri viventi, ed in particolare gli animali, in funzione e con un metro umani, come se noi fossimo il riferimento assoluto della Vita su questo pianeta, come se la Vita, in quanto tale, non venisse da noi compresa nella sua più pura e libera essenza, preesistente, di circa quattro miliardi di anni, al pensiero e all’agire umano.

Eppure gli studi di Etologia animale (ma non solo), giovane ma prolifica scienza che si dedica al comportamento e più in generale al mondo interiore che caratterizza gli animali, ci portano sempre più a conoscenza dell’esistenza di intelligenze diverse appartenenti alle varie specie e ci stanno man mano togliendo il cappello di essere gli unici “intelligenti” della Terra.

Insomma l’uso del “metro umano” e della nostra auto percezione sopraelevata rispetto agli altri viventi risultano sempre di più visioni antiquate e ingrigite da cui purtroppo però sono scaturiti modi di pensiero e quindi azioni terribili che ancora oggi si perpetrano a danno degli animali e dell’ambiente in genere. Sarebbe buona cosa se trasmettessimo ai nostri figli la verità di una nostra profonda appartenenza alla storia naturale del pianeta e proprio da queste radici, comuni a tutti gli esseri viventi, indicare loro che il futuro passerà attraverso l’accettazione di essere noi interconnessi e quindi dipendenti dagli altri viventi. La loro vita è la nostra vita.

L’errore di pensarci “al di sopra” ci ha portato ad agire sui viventi in modo sconsiderato, cieco ed anche terribilmente e tristemente stupido. Oggi abbiamo portato gli altri esseri viventi sull’orlo di un’estinzione di massa, ma questa potrebbe essere la soglia della nostra stessa estinzione.

Gli studi sul mondo interiore degli animali si stanno per fortuna sempre più intensificando e questo ha portato a scoprire tantissimo sulle loro vite, sul loro ciclo vitale, le loro relazioni intra e inter specifiche, la loro socialità, il loro rapporto con l’ambiente, le loro capacità di apprendere e trovare soluzioni, le loro emozioni (M. Bekoff, The Emotional Lives of Animals, 2007. – La vita emozionale degli animali), la loro intelligenza, la loro memoria del passato e la loro capacità di pensare ad un immediato futuro, la loro capacità di empatia (F.B.M. de Waal, The Age of Empathy, 2009. – L’età dell’empatia) e compassione, il loro altruismo fino agli studi sulla loro moralità.

Frans de Waal, etologo e primatologo di fama mondiale e docente presso la Emory University di Atlanta, e altri etologi ricercatori quali ad esempio Mark Bekoff, professore emerito di ecologia e biologia dell’evoluzione nell’Università del Colorado, si sono spinti ad indagare sul sistema morale negli animali facendo emergere quelle capacità di discernimento tra giusto e sbagliato che fino ad oggi pensavamo essere gli unici a possedere (F.B.M. de Waal, Good Natured: The Origins of Right and Wrong in Humans and Other Animals, 1996. – Naturalmente buoni), (M. Bekoff & J. Pierce, Wild Justice. The Moral Lives of Animals, 2009. – Giustizia selvaggia).

Sì, moralità. Perché la moralità sembra non essere in definitiva esclusività dell’uomo. Comportamenti che molti scienziati definiscono morali sono stati osservati negli scimpanzé, negli elefanti, nei pipistrelli, nei cetacei, nei ratti, ecc. Fino a prima degli anni sessanta e agli studi sugli scimpanzé in natura di Jane Goodall, primatologa ed etologa, si pensava che l’uso di strumenti fosse addirittura una delle caratteristiche che ci distingueva da tutti gli altri animali (J. Goodall, In the Shadow of Man, 1971. – L’ombra dell’uomo). Oggi sappiamo che davvero molti animali utilizzano strumenti oltre agli scimpanzé, ad esempio anche oranghi, scimmie cappuccine, elefanti, lontre marine, capovaccai, corvi, ghiandaie, megattere, delfini tursiopi, pesci ed anche alcuni insetti.

Sicuramente gli animali ci stanno sempre più meravigliando e forse ci stanno anche dicendo che, ritornando al senso morale, anche in un mondo senza parole come il loro ci sono altri linguaggi altrettanto efficaci ed inequivocabili (nonché spesso più veritieri delle parole che invece possono mentire), attraverso i quali si può gestire se stessi e il benessere comune. Ripeto, il benessere comune; perché gli animali posseggono il senso del benessere comune. Proprio come noi. E proprio sulla base di un discernimento morale noi ci siamo dati delle leggi di autotutela, fondate sull’etica. E qui mi fermo per un istante.

E allora perché, sulla base di quanto la scienza sta sempre più scoprendo sugli animali, ancora non riusciamo a vederli nella loro unicità e dignità, perché ci è così difficile tutelare anche loro? Credo che ci sia una profonda ignoranza (nel senso del significato letterale di “ignorare”, “non sapere”) nella maggior parte delle persone sulle reali vite degli animali, su chi sono davvero. C’è una lacuna culturale enorme per la quale ancora molte persone, troppe, pensano erroneamente gli animali come esseri inferiori. E questo ci fa e ci ha fatto comodo, perché gli animali noi li usiamo da sempre per i nostri scopi. Pensarli inferiori ci solleva dai sensi di colpa che emergerebbero se li considerassimo nostri pari, come di fatto sono. Pari nella diversità e nella somiglianza biologica. Pari nell’essere tutti, noi inclusi, il risultato di grandi forze evolutive.

Gli animali sono individui, molti contraddistinti da personalità differenti sia nell’approcciarsi alle relazioni, sia nel trovare soluzioni e nel confrontarsi con l’ambiente che li circonda, sia nella capacità di gestire la propria vita, quella del proprio gruppo o della propria prole.

Concordo con la menzione di “persone non umane”, appunto perché provvisti di personalità. Carl Safina, biologo, ricercatore e docente alla Stony Brook University, sottolinea l’importanza della personalità dell’individuo per alcuni animali, ossia del “chi” (C. Safina, Beyond Words: What Animals Think and Feel, 2015. – Al di là delle parole). Un’importanza ecologica, comportamentale e biologica per la sopravvivenza del gruppo e quindi della specie. La personalità di una matriarca negli elefanti è fondamentale per la serenità e la sopravvivenza del branco, alla stessa stregua un maschio o una femmina alfa con personalità incisive sanno pensare e fare il bene di un branco di lupi. Un lupo dalla forte personalità può sopravvivere anche due anni da solo, senza il suo branco, senza una compagna, senza un suo territorio, in un ambiente ostile e pericoloso fatto di altri branchi territoriali, di condizioni climatiche avverse, di difficoltà di caccia. Tutto questo grazie alla sua personalità, individualità, alle sue caratteristiche peculiari, alla sua esperienza personale.

D’altra parte sappiamo bene che anche i cani hanno personalità distinte, come anche i gatti. Lo sappiamo perché ne abbiamo avuto esperienza diretta. Così, molti studiosi hanno avuto esperienza diretta di “personalità” animali selvatiche.

Per progredire verso una più giusta visione delle loro vite ed una linea giuridica che le tuteli è necessario passare attraverso una reale conoscenza e quindi cultura sul loro mondo. È necessario ascoltare chi ha dedicato anni della propria vita a studiarli e tutelarli seriamente, rispettandoli. Se prima c’era la nostra ignoranza su di loro, oggi non abbiamo più scuse né falsi alibi, perché li conosciamo sempre di più.

Siamo un continuum con loro, siamo in una rete interdipendente, siamo stati plasmati da un processo evolutivo e non possiamo permetterci altre perdite, siamo tutti insiemi di cellule, programmate per vivere un tempo e programmate infine per morire. Il difficile rapporto con i nostri compagni di pianeta (pensiamo quanto triste sarebbe essere solo noi uomini su questa Terra…) deve essere sempre più risolto attraverso la cultura zoologica, etologica ed ecologica, una informazione adeguata degli adulti e una formazione accurata delle nuove generazioni volte alla conoscenza degli animali intesi nella più pura libertà di essere se stessi nel loro ambiente naturale, aiutandoli a viverci e conservando i loro habitat; diviene necessario che le istituzioni giuridiche preposte si informino sulle sempre più numerose conoscenze in merito all’etologia ed ecologia degli animali, promuovendo leggi che riconoscano loro dignità e diritti in quanto individui e quindi soggetti meritevoli di quella tutela giuridica che li difenda da maltrattamenti, abbandoni, commercio e uccisioni; la medesima che ci siamo dati noi, radicata in quel senso della moralità che non è più nostra esclusiva.

È necessario quindi mettere al bando lo sfruttamento e la cattività degli animali in qualunque luogo di prigionia finalizzato al divertimento umano, allo sfruttamento e al guadagno economico dell’uomo. In quanto individui dotati di tutte le complessità del Sistema Vita, proprio come noi, va riconosciuto loro il diritto alla propria libera esistenza. Di vitale importanza è altresì dare tutela giuridica agli ecosistemi naturali in cui gli animali vivono finalizzandola alla conservazione. Conservare gli ecosistemi e i viventi che ospitano oggi è una priorità assoluta. Le atrocità che l’uomo ha perseguito e ancora persegue verso gli animali devono cessare. La distruzione e la frammentazione degli habitat da noi provocata, l’impatto con grandi infrastrutture umane, la caccia, il bracconaggio, la pesca indiscriminata, il commercio, lo sfruttamento in ogni sua forma, sono cause irreparabili di annientamento delle specie selvatiche che già faticano nella loro difficile e quotidiana arte della sopravvivenza.

In Italia, e non solo, ad esempio ci sono grandi infrastrutture come le torri eoliche contro cui impattano grandi rapaci, come aquile reali e avvoltoi, altri uccelli e i chirotteri, tutti falciati dalle gigantesche pale rotanti. Quante persone sanno di queste morti che passano sotto il silenzio e sotto la “poca attenzione” che si rivolge al mondo animale? (Quindi occhio all’installazione scriteriata di impianti eolici ovunque!)
Ogni 15 minuti scompare un Elefante (Generi: Elephas e Loxodonta) a causa del terribile commercio delle sue zanne (l’avorio), che è iniziato secoli fa, e a causa della riduzione del suo habitat strappato dall’agricoltura intensiva. In pochissimi anni gli elefanti potrebbero essere estinti in natura; potrebbe scomparire il più grande mammifero terrestre e con lui tutti quei meravigliosi e affinati adattamenti biologici e comportamentali che l’evoluzione ha creato in 65 milioni di anni solo per lui, per farlo arrivare fino ad oggi.

Tigri, rinoceronti, orsi della luna, squali e moltissimi altri animali vengono sacrificati ogni giorno sull’altare delle medicine tradizionali orientali, vittime di commerci di ogni tipo, barbaramente uccisi, lasciando spesso cuccioli orfani che non sopravvivono da soli. Questo non è più accettabile. L’estinzione veloce di animali e piante è una cruda realtà oggi. Sono convinta che noi e le altre specie siamo fatti di una stessa essenza primordiale che ci ha portato fin qui e che ci unisce in un unico destino.

Iniziamo a dare un segnale preciso di repulsione verso questi nostri comportamenti distruttivi e sanguinari che ci riguardano tutti. Pretendiamo dalle istituzioni e dalla politica forti misure di tutela e riconoscimento di diritti ai nostri compagni di pianeta. Riporto le parole di Sandro Lovari, ricercatore e professore di zoologia, ecologia comportamentale, etologia e biologia della conservazione presso l’Università di Siena, in merito ai Felidi e in particolare al Leopardo delle nevi: “Senza una cooperazione tra scienziati e politici, senza un miglioramento culturale del pubblico che eserciti adeguate pressioni sui politici, questi magnifici animali non potranno essere protetti ancora a lungo da quello che attualmente è il loro peggior nemico: noi uomini.” (S. Lovari, Il leopardo dagli occhi di ghiaccio. Sulle tracce di grandi carnivori e altri animali, 2021.)

Facciamo in modo che il nostro volontario esilio e allontanamento dalla natura diventi una spinta a lasciare agli animali la possibilità di viverci nella natura, loro che vorrebbero rimanerci per molto tempo ancora. Usiamo la nostra empatia e proviamo a metterci seriamente nei loro panni. Gli animali ringrazieranno. E anche i nostri figli.

“La nostra sfida consiste nel pensare in maniera più simile a loro,
così da aprire la nostra mente
alle loro condizioni e ai loro obiettivi specifici,
osservarli e capirli nei loro propri termini.”
Frans de Waal

Immagine free (Pexel)

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